Sinossi:
1992. Gabriel vive a
Bujumbura, in Burundi, in un quartiere di espatriati. Suo padre è francese, sua
madre del Ruanda. Ha una sorella più piccola, Ana, e una banda di amici
inseparabili - Gino, Armand, i gemelli - cresciuti insieme a lui nel vicolo: le
loro giornate cominciano quando finisce la scuola e viene il momento delle case
sugli alberi, dei furti di manghi nei giardini degli altri, delle avventure
lungo il fiume, delle chiacchiere sbruffone e sognanti dentro il guscio di
camioncino che è il loro quartier generale. Poi i genitori che si separano, le
prime elezioni del paese, la guerra civile: Gaby credeva di essere soltanto un
bambino e si scopre meticcio, tutsi, francese. Il papà vuole spedire tutti in
Europa, la mamma decide di restare, strappata a metà, trasformata per sempre
dai lutti più feroci: in un attimo la paura rovescia tutto, invade le vite di
tutti, mette fine all'infanzia e costringe ad andarsene, a disperdersi, a
perdersi. Passeranno anni prima che Gaby faccia ritorno nel suo piccolo paese,
alla ricerca della sua età d'oro, o di quello che ne è rimasto.
Commento:
Questa è una storia come
tante, una storia che abbiamo visto accadere in tanti luoghi, di cui abbiamo
ascoltato i resoconti a varie latitudini. Anche Gaby, che questa storia ce la
racconta, è un bambino come ce ne sono tanti nel mondo: vive in una bella casa
coi domestici, è figlio di un francese importante e di una rifugiata ruandese
bellissima e forte, ha una sorella con cui va d'accordo, ha un gruppo di
inseparabili amici del vicolo, va a scuola ed ha una pen-friend francese cui
pensa continuamente. Poi, quasi all'improvviso, la paura e l'infelicità
strisciano nelle sue giornate e il quadro idilliaco della sua vita di bambino
privilegiato si sgretola lentamente, ma inesorabilmente. Tutto comincia quando
i suoi genitori cominciano a non parlarsi, seguono litigi furiosi, poi la madre
lascia la casa e Gaby resta con il padre e la sorella Ana. Intanto nel suo
Paese, il Burundi, ci sono le prime elezioni – è il 1992 – e tutto sembra
incerto, il nuovo presidente piace ad alcuni ed è odiato da altri… suo padre
intanto esce spesso di notte e i primi colpi d'arma da fuoco, lontani ma non
troppo, trovano lui e la sorella soli e impreparati. Da un giorno all'altro
tutto è cambiato: il coprifuoco, la violenza, le armi imbracciate da chiunque,
le bande di quartiere, la gente che viene segnata a dito. Costringono Gaby a
crescere in fretta, ad uscire dal suo guscio protettivo di bambino, proprio
come hanno già fatto i suoi amici, quegli amici con cui ha vissuto la sua pur
breve vita e che ora sembrano uomini fatti, duri, pronti a combattere. Quando
poi la guerra scoppia nel vicino Ruanda tutto precipita dolorosamente e Gaby
capisce che più nulla sarà come prima, a cominciare dalla sua famiglia. E il
conseguente strappo sarà doloroso, repentino e insanabile. Piccolo paese
racconta con l'incredulità e la difficoltà di accettazione di un bambino, un
fenomeno complesso e triviale come la guerra, un fenomeno catastrofico che, a
prescindere dai motivi che l'hanno scatenato, presenta truci somiglianze in
tutto il mondo e in tutte le epoche. La guerra cambia le persone, le abitudini,
le menti, strappa e mutila le vite, stravolge geografie quotidiane e marchia a
fondo l'anima di chi l'ha vissuta. Impossibile restare gli stessi.
Gael Faye racconta tutto
questo con semplicità, forse troppa semplicità. Piccolo paese è un
"bel" libro che consiglio, ma che non mi ha convinto fino in fondo a
livello emozionale: ho trovato i primi due terzi troppo inconsistenti, troppo
superficiali, in un contrasto realistico, ma troppo stridente con quel che
sarebbe venuto dopo. Se l'ultima parte tramortisce – com'è giusto – per la
forza delle vicende e vividezza delle descrizioni, il resto del libro scorre
via senza coinvolgere, emozionare, colpire. Tuttavia comprendo bene la scelta
narrativa dell'autore che, evidentemente, ha voluto rimarcare in modo
inequivocabile il contrasto tra i giorni vuoti o al più sereni di Gaby e dei
burundesi e le notti perenni della guerra e della violenza. Può piacere o non
piacere, ma quello di Faye è certo un modo di raccontare efficace e utile al
suo scopo. In definitiva, Piccolo paese ci porta a posare lo sguardo su altre
guerre, altre povertà e miserie che crediamo lontane da noi, ma che sono,
invece, dietro l'angolo. Anche solo per questo, il libro merita di essere
letto.
Opera recensita:
"Piccolo paese" di Gael Faye
Editore: Bompiani, 2017
Genere: narrativa straniera
Ambientazione: Burundi-Ruanda
Pagine: 208
Prezzo: 16,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 7,5.
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