Sinossi:
«Tra i boschi e le pareti rocciose a strapiombo, giù
nell’orrido che conduce al torrente, tra le pozze d’acqua smeraldo che profuma
di ghiaccio, qualcosa
si nasconde. Me lo dicono le tracce di sangue, me lo dice
l’esperienza: è successo, ma potrebbe risuccedere. Questo è solo l’inizio.
Qualcosa di sconvolgente
è accaduto, tra queste montagne. Qualcosa che richiede tutta
la mia abilità investigativa. Sono un commissario di polizia specializzato in
profiling e
ogni giorno cammino sopra l’inferno. Non è la pistola, non è
la divisa: è la mia mente la vera arma. Ma proprio lei mi sta tradendo. Non il
corpo acciaccato
dall’età che avanza, non il mio cuore tormentato. La mia
lucidità è a rischio, e questo significa che lo è anche l’indagine. Mi chiamo
Teresa Battaglia,
ho un segreto che non oso confessare nemmeno a me stessa, e
per la prima volta nella vita ho paura.»
Questo non è soltanto l’esordio di una scrittrice di
grandissimo talento. Non è soltanto un thriller dal ritmo implacabile e
dall’ambientazione suggestiva.
Questo è il debutto di una protagonista indimenticabile per
la sua straordinaria umanità, il suo spirito indomito, la sua rabbia e la sua
tenerezza.
Sinossi:
Ecco… ancora una volta mi trovo a recensire un libro per
niente facile da analizzare, un libro così peculiare che l’unico aggettivo che
userei per definirlo è “sorprendente”. La mia recensione sarà, quindi, molto
personale.
Tanto premesso, confesso che ad incuriosirmi, prima ancora
della trama del libro, è stato il gran parlare che se ne sta facendo: mi ci
sono avvicinata con la mia solita diffidenza perché volevo capire se fosse il
solito caso editoriale in stile “Ragazza del treno” con tanto fumo e poco
arrosto, o se ne valesse davvero la pena. Altro punto che mi ha dato qualche
perplessità all’inizio è stato leggere, nelle note biografiche, che l’autrice
ama i romanzi di Donato Carrisi che, invece, non rientra propriamente nei miei
autori preferiti… capite quindi con che preconcetti mi approcciavo alla
lettura!
Ed in effetti l’influenza
di Carrisi in questo libro si sente, soprattutto all’inizio: il linguaggio
usato dall’autrice, come quello di Carrisi, è molto articolato, a volte non
proprio lineare, ma mentre Carrisi mi dà sempre l’impressione di dire in modo
troppo elaborato cose che richiederebbero molte meno parole, ho capito ben
presto che i concetti espressi e le descrizioni contenute in queste pagine non
avrebbero potuto trovare registro linguistico più appropriato. Ho fatto in fretta,
quindi, ad abituarmi allo stile e ad entrare nella vicenda che, vi assicuro, è
tutt’altro che banale e, ancora adesso, a lettura ultimata, mi lascia scossa
per la sua crudezza e veridicità.
C’è un’indagine di polizia, c’è una serie di delitti, c’è un
assassino che non rientra in nessuna categoria psicologica predefinita perché a
volte uccide e a volte lascia vive le sue vittime, ci sono simboli difficili da
codificare, c’è una comunità poco collaborativa ed abituata a sbrigarsela da
sola e quindi poco tollerante nei confronti di poliziotti di città che vengono
a rovistare nei suoi segreti. E poi c’è un territorio affascinante e malevolo,
una terra portentosa e respingente, e c’è una donna, Teresa Battaglia, che
porta nel nome tutta la sua essenza. E’ il commissario a capo dell’indagine, ha
una mente veloce ed allenata che è la sua arma migliore perché le permette di
capire le persone, la loro sofferenza, le emozioni che le spingono a commettere
un delitto. Ma prima che un poliziotto, Teresa è soprattutto una persona, con
pregi e difetti, con un corpo acciaccato dall’età, dalle sofferenze passate ma
non sopite e da una malattia incipiente che minaccia di toglierle ciò che ha di
più caro: la lucidità. Schietta, arguta, dura, Teresa non vuole piacere per
forza; eppure, nonostante i suoi modi tutt’altro che accoglienti, tutti le
portano rispetto, considerazione ed ammirazione. Perché? Perché non è solo
brava nel suo lavoro: è dotata di una grande empatia e di una profonda umanità.
E non potrebbe essere che lei l’unica persona in grado di capire un colpevole
così fuori dalle righe, un carnefice-vittima, una sorta di “angelo vendicatore”,
un padre che protegge i propri cuccioli.
E con queste premesse, come si può non consigliare questa
lettura? Un’altra cosa che mi ha convinta in questo libro è il profondo legame
con il territorio in cui è ambientato: una terra meravigliosa e ostile che,
come il grembo di una madre, accoglie e protegge chi la abita e respinge con
forza chi vuole violarla.
Come credo abbiate intuito, questo libro ha un’anima sua,
una sua malia intrinseca, che pur attrae e cattura il lettore disturbando la
quiete dell’anima. Un thriller psicologico scritto con penna sicura che di
certo farà ancora parlare (bene) di sé. Ci sono elementi, infatti, che farebbero
pensare ad un seguito o magari ad una saga… personalmente, a questo punto, me
lo auguro perché, fidatevi, oltre a quello che vi ho anticipato, c’è molta più
carne al fuoco. Perciò non lasciatevi sviare da parole come “esordio”, o “debutto”…
questo è un thriller maturo, vale la pena di leggerlo e di lasciarsi
sorprendere.
Opera recensita: “Fiori sopra l’inferno” di Ilaria Tuti
Editore: Longanesi, 2018
Genere: thriller psicologico
Ambientazione: Friuli, al confine con l’Austria
Pagine: 366
Prezzo: 16,90 €
Consigliato: sì
Voto: 9.
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