Sinossi:
Il racconto di un amore tra madre e figlia "andato
storto da subito". Un romanzo potente e vitale, in cui le vicende
personali si uniscono alla storia
corale di un'Italia contadina, ritratta dagli anni di guerra
fino ai nostri giorni. Quando Esperia mostra i segni di una malattia che le
toglie la memoria,
è tempo per la figlia di prendersi cura di lei e aiutarla a
ricostruire un'identità smarrita. Inizia così, giorno dopo giorno, il racconto
di un passato
dal quale riaffiorano ricordi dolcissimi e crudeli,
riprendono vita le figure dei familiari e degli abitanti della piccola comunità
montana che le ha viste
nascere e crescere entrambe. In un Abruzzo luminoso e aspro,
che affiora tra le pagine come una terra mitologica e lontana, le fatiche della
campagna,
l'allegria dei matrimoni, la ruvidezza degli affetti,
l'emancipazione dall'analfabetismo e la fine della sottomissione femminile si
intrecciano al racconto
di una lenta metamorfosi dei sentimenti in un indissolubile
legame madre-figlia che oscilla tra amore e odio, nostalgia e rifiuto.
Commento:
Tina è in quella fase della vita nella quale si sa che restano
ancora molti anni da madre, ma pochi da figlia. E’ in questa fase, in cui
cominciano a diminuire le recriminazioni e si percepisce vagamente cosa
significa essere madre, che Tina si ritrova a dover assistere la sua di madre,
Esperia, colpita da una malattia, l’atrofia cerebrale, che le ruba i ricordi e
le confonde le idee. A Tina spetta il compito di raccontare alla madre la sua
vita, chi è, chi è stata, cos’ha vissuto lei e la sua famiglia. Momenti che
Tina non ha vissuto, ma che deve ripercorrere in una sorta di diario a ritroso
per ridare una memoria, una vita, a quella madre che quarantasette anni prima l’ha
data a lei una vita, a quella madre inflessibile, scostante, incapace di dimostrare
affetto. Un affetto che a Tina è sempre mancato, che ora la madre
istintivamente vorrebbe darle, ma che lei non vorrebbe ricevere. Una storia
intima, familiare, di paese, una storia come ce ne sono tante nella nostra
Italia contadina, che ha vissuto la guerra, il ritorno di chi era partito, il
riabituarsi agli altri, gli anni positivi e quelli di crisi, il cambiamento, la
rivoluzione, l’emancipazione femminile. C’è un po’ di tutto questo in queste
pagine, in una mescolanza perfetta ed equilibrata tra ricostruzione storica e
ricordo. E Donatella Di Pietrantonio descrive tutto questo con penna sicura, in
quel suo stile così caratteristico, essenziale, d’impatto che ritroviamo anche
nel libro che l’ha fatta conoscere al grande pubblico – “L’arminuta” – e che
ricalca bene quella realtà contadina che lei descrive così bene.
Così, tra sapori, riti, superstizioni, ci caliamo in punta
di piedi in una famiglia comune ed allargata che è un po’ quella di tutti noi.
Una buona lettura che consiglio e che ho apprezzato anche più dell’”Arminuta”.
Opera recensita: “Mia madre è un fiume” di Donatella Di
Pietrantonio
Editore: Elliot, 2010
Genere: narrativa italiana
Ambientazione: Abruzzo
Pagine: 179
Prezzo: 16,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.
Nessun commento:
Posta un commento