Sinossi:
Quei tre ragazzi che si tuffano in piscina, nudi, di
nascosto, entrano come un vento nella vita di Teresa. Sono poco piú che
bambini, hanno corpi e desideri
incontrollati e puri, proprio come lei. I prossimi vent'anni
li passeranno insieme nella masseria lí accanto, a seminare, raccogliere,
distruggere, alla
pazza ricerca di un fuoco che li tenga accesi. Al centro di
tutto c'è sempre Bern, un magnete che attira gli altri e li spinge oltre il
limite, con l'intensità
di chi conosce solo passioni assolute: Dio, il sesso, la
natura, un figlio.
Le estati a Speziale per Teresa non passano mai. Giornate
infinite a guardare la nonna che legge gialli e suo padre, lontano dall'ufficio
e dalla moglie,
che torna a essere misterioso e vitale come la Puglia in cui
è nato. Poi un giorno li vede. Sono «quelli della masseria», molte leggende li
accompagnano,
vivono in una specie di comune, non vanno a scuola ma sanno
moltissime cose. Credono in Dio, nella terra, nella reincarnazione. Tre
fratelli ma non di
sangue, ciascuno con un padre manchevole, inestricabilmente
legati l'uno all'altro, carichi di bramosia per quello che non hanno mai avuto.
A poco a poco,
per Teresa, quell'angolo di campagna diventa l'unico posto
al mondo. Il posto in cui c'è Bern. Il loro è un amore estivo, eppure totale.
Il desiderio li
guida e li stravolge, il corpo è il veicolo fragile e forte
della loro violenta aspirazione al cielo. Perché Bern ha un'inquietudine che
Teresa non conosce,
un modo tutto suo di appropriarsi delle cose: deve
inghiottirle intere. La campagna pugliese è il teatro di questa storia che
attraversa vent'anni e quattro
vite. I giorni passati insieme a coltivare quella terra
rossa, curare gli ulivi, sgusciare montagne di mandorle, un anno dopo l'altro,
fino a quando Teresa
rimarrà la sola a farlo. Perché il giro delle stagioni è un
potente ciclo esistenziale, e la masseria il centro esatto dell'universo.
Commento:
“Divorare il cielo” è un romanzo difficile da recensire, da
commentare, da digerire. Ti si incolla addosso come l’umidità dei giorni caldi
di scirocco, un vento fastidioso e amato che è parte di questa terra, la
Puglia, nella quale si svolge questa storia. E’ durante una di queste estati
che Teresa e Bern si conoscono, si piacciono, si catturano per non lasciarsi
mai più. Ora penserete “ecco, la solita storia d’amore tra la turista del Nord
in vacanza e il rude contadinotto del Sud”… niente di più sbagliato. Sì, di amore
si parla in queste pagine, ma di un amore viscerale, totale, assurdo e
assoluto, di un sentimento che è attrazione e nostalgia, che spinge
inesorabilmente due persone a cercarsi, ad amarsi, a farsi del male. E’ così
che si sviluppa, nell’arco di vent’anni, l’amore di Teresa e Bern, fatto di
tante persone, fatto di idee portate all’esasperazione, di rischi folli, di
lotte contro tutti, di gesti insani e prese di posizione estreme, sempre,
perennemente, alla ricerca di qualcosa – o di qualcuno – da seguire.
Perché credere in un’idea, in un progetto per quanto sembri
balordo, in un sogno per quanto sembri irrealizzabile, a volte è l’unica cosa
che ci spinge ad andare avanti, a non fuggire, a non mollare tutto e cedere al
qualunquismo, all’infelicità, ad una vita ordinata e prevedibile, alla
disperazione.
Una storia, questa, in cui ci si perde, si annega, si
riemerge e si affoga ancora. Dei personaggi, Teresa e Bern in testa, che non
dimenticheremo e che non vorremmo lasciare. Un romanzo sobrio eppure accorato,
un grido silenzioso che nasce dalle viscere di una terra piena di contraddizioni,
ma che torna sempre lì, ai suoi riferimenti, alle sue radici, alle sue poche
certezze. Una terra che, con i suoi paesaggi e la sua cultura popolare, è
simbolo di una generazione spaccata dall’interno tra volontà e rassegnazione,
tra amore e disperazione, scossa da sensazioni forti e da una continua ricerca
di sé attraverso gli altri, disposta ad aggrapparsi a un’idea con tutte le
forze e di disdegnarla un attimo dopo.
Perché dovreste leggere questo libro? In tutta sincerità non
lo so. Io l’ho letto, mi ci sono persa, ne sono uscita scossa, eppure lo
rileggerei. Giordano non ha fretta di terminare il racconto, si prende i suoi
giusti tempi per analizzare, proseguire, tornare indietro per osservare meglio;
non ci dà soluzioni, non ci dà moniti da usare come mantra: ci racconta una
storia forte, fatta di tanti pezzi. Sta a noi trovarvi ciò che cerchiamo.
Opera recensita: “Divorare il cielo” di Paolo Giordano
Editore: Einaudi, 2018
Genere: narrativa italiana
Ambientazione: Puglia, province di Brindisi e Taranto
Pagine: 440
Prezzo: 22,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9.
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