Sinossi:
Monica Dionubile ha quasi
diciassette anni, vive a Bari insieme a sua madre Laura, una donna problematica
che cerca attraverso la terapia analitica di rientrare in contatto con se
stessa e di smetterla di tormentare sua figlia. Dunia Bonerba è figlia unica di
Luca e Marina; i suoi genitori sono una coppia che garantisce serenità e
spensieratezza a una ragazzina semplice, a tratti ingenua e molto legata a
Monica, sua compagna di classe. Le due ragazze si completano a vicenda: la
spensieratezza di una si unisce alla complessità dell'altra, è come se tra di
loro ci fosse un accordo di "mutuo soccorso". Intorno a queste due
figure ruotano le vicende di coppia, amicizia e tradimenti che appartengono al
mondo adulto, storie di persone legate alle due ragazze in un modo o
nell'altro, e che si intrecciano con il loro carico di problemi ed emozioni.
C'è poi il rapporto speciale delle due adolescenti con un insegnante della loro
scuola, un docente atipico che ascolta i suoi alunni, li osserva e non si
limita a etichettarli con un numero sul registro o un cognome da ricordare al
momento dell'interrogazione. Testimone oculare delle storie di ognuno di questi
personaggi è il barbone Lacca, un clochard che costruisce con le proprie mani
piccoli portacenere colorati di latta e che avrà un ruolo determinante nel
destino di Dunia e Monica. Il romanzo ha un respiro corale che lascia ampio
spazio a riflessioni profonde sulle esistenze di ognuno.
Commento:
Il tempo che ci vuole è il
terzo romanzo di Francesca Palumbo che leggo, il primo in ordine di pubblicazione
(e si sente); conosco, quindi, molto bene la prosa di Francesca, il suo modo di
scrivere, di osservare gli altri, di approcciarsi alla vita e di raccontarla;
conosco Francesca di persona, la sento affine, sento di volerle bene e, qualora
non fossero bastati i libri, la sua voce mi ha detto molto di lei. Ecco perché
mi meraviglio di me stessa: mi meraviglia il fatto di restare ogni volta
stupita, ammaliata, conquistata dalle sue parole, dal modo con cui descrive le
persone, le situazioni, i sentimenti; non so come faccia, eppure riesce a far
apparire importante, vero, unico tutto ciò di cui parla. È così anche per tutti
i personaggi di questo libro, tutti diversi, non tutti stimabili, ma tutti importanti
e, a loro modo, unici e meritevoli di far sentire la loro voce. C'è Dunia,
adolescente spensierata cresciuta in una famiglia attenta, equilibrata e
amorevole che l'ha fatta vivere in un mondo ordinato e ovattato; ci sono i
genitori di Dunia, sempre così retti, equilibrati, assennati; c'è il vecchio
nonno ammalato e capace di slanci romantici e di strenue, grandi emozioni; ci
sono Carlo, Roberta e Giulia con le loro inquietudini e incomprensioni; poi c'è
Monica, il personaggio che più ho amato in queste pagine, un'adolescente più
grande della sua età, inquieta e morsa da un fuoco interiore che minaccia di
divorarla; c'è sua madre, Laura, con tutti i problemi che crea a se stessa e
alla figlia; c'è Girardi, uno dei pochi docenti in grado di guardare gli alunni
dritto negli occhi, fin dentro l'anima; e poi c'è Lacca, l'invisibile, colui
che nella sua sofferenza tutto vede e tutto sa. C'è un mondo dietro queste
storie, un legame tra tutte queste anime inquiete. C'è vita, vita che è un
continuo cercare, una "sete d'istanti" di pura gioia o profonda
disperazione. Vita che si consuma nelle attese, nel tempo che ci vuole a
rielaborare un bisogno, nel tempo che ci vuole a ricalibrarsi dopo una scossa, nel
tempo che ci vuole a che un farmaco – o una canna - faccia effetto e venga a
soccorrere annebbiando i sensi. È vita che scorre, dannazione e piacere,
godimento e sofferenza, caldo e gelo, buio e luce. E Francesca Palumbo, con la
sensibilità di chi è interessato al mondo e al singolo, indaga tutto questo e
ce lo porge, come un dono, con la sua prosa poetica, viva, intensa, vibrante che
trasforma le emozioni in gioielli e che fa bene all'anima. Un romanzo intenso,
che guarda in faccia la vita, anche nei suoi anfratti più bui e fetidi. Un
romanzo che parla di amore, amicizia, adolescenza, dolore, fallimento,
rinascita. Un romanzo in cui tuffarsi a capofitto per poi riemergere depurati,
in una catarsi dell'anima.
Opera recensita: "Il
tempo che ci vuole" di Francesca Palumbo
Editore: Besa, 2013
Genere: narrativa italiana
Ambientazione: Bari
Pagine: 196
Prezzo: 16,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9
Colonna sonora sperimentata: Radiohead.
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