simposio lettori copertina

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giovedì 10 settembre 2020

RECENSIONE: FRANCESCA PALUMBO - IL TEMPO CHE CI VUOLE

Sinossi:

Monica Dionubile ha quasi diciassette anni, vive a Bari insieme a sua madre Laura, una donna problematica che cerca attraverso la terapia analitica di rientrare in contatto con se stessa e di smetterla di tormentare sua figlia. Dunia Bonerba è figlia unica di Luca e Marina; i suoi genitori sono una coppia che garantisce serenità e spensieratezza a una ragazzina semplice, a tratti ingenua e molto legata a Monica, sua compagna di classe. Le due ragazze si completano a vicenda: la spensieratezza di una si unisce alla complessità dell'altra, è come se tra di loro ci fosse un accordo di "mutuo soccorso". Intorno a queste due figure ruotano le vicende di coppia, amicizia e tradimenti che appartengono al mondo adulto, storie di persone legate alle due ragazze in un modo o nell'altro, e che si intrecciano con il loro carico di problemi ed emozioni. C'è poi il rapporto speciale delle due adolescenti con un insegnante della loro scuola, un docente atipico che ascolta i suoi alunni, li osserva e non si limita a etichettarli con un numero sul registro o un cognome da ricordare al momento dell'interrogazione. Testimone oculare delle storie di ognuno di questi personaggi è il barbone Lacca, un clochard che costruisce con le proprie mani piccoli portacenere colorati di latta e che avrà un ruolo determinante nel destino di Dunia e Monica. Il romanzo ha un respiro corale che lascia ampio spazio a riflessioni profonde sulle esistenze di ognuno.

 

Commento:

Il tempo che ci vuole è il terzo romanzo di Francesca Palumbo che leggo, il primo in ordine di pubblicazione (e si sente); conosco, quindi, molto bene la prosa di Francesca, il suo modo di scrivere, di osservare gli altri, di approcciarsi alla vita e di raccontarla; conosco Francesca di persona, la sento affine, sento di volerle bene e, qualora non fossero bastati i libri, la sua voce mi ha detto molto di lei. Ecco perché mi meraviglio di me stessa: mi meraviglia il fatto di restare ogni volta stupita, ammaliata, conquistata dalle sue parole, dal modo con cui descrive le persone, le situazioni, i sentimenti; non so come faccia, eppure riesce a far apparire importante, vero, unico tutto ciò di cui parla. È così anche per tutti i personaggi di questo libro, tutti diversi, non tutti stimabili, ma tutti importanti e, a loro modo, unici e meritevoli di far sentire la loro voce. C'è Dunia, adolescente spensierata cresciuta in una famiglia attenta, equilibrata e amorevole che l'ha fatta vivere in un mondo ordinato e ovattato; ci sono i genitori di Dunia, sempre così retti, equilibrati, assennati; c'è il vecchio nonno ammalato e capace di slanci romantici e di strenue, grandi emozioni; ci sono Carlo, Roberta e Giulia con le loro inquietudini e incomprensioni; poi c'è Monica, il personaggio che più ho amato in queste pagine, un'adolescente più grande della sua età, inquieta e morsa da un fuoco interiore che minaccia di divorarla; c'è sua madre, Laura, con tutti i problemi che crea a se stessa e alla figlia; c'è Girardi, uno dei pochi docenti in grado di guardare gli alunni dritto negli occhi, fin dentro l'anima; e poi c'è Lacca, l'invisibile, colui che nella sua sofferenza tutto vede e tutto sa. C'è un mondo dietro queste storie, un legame tra tutte queste anime inquiete. C'è vita, vita che è un continuo cercare, una "sete d'istanti" di pura gioia o profonda disperazione. Vita che si consuma nelle attese, nel tempo che ci vuole a rielaborare un bisogno, nel tempo che ci vuole a ricalibrarsi dopo una scossa, nel tempo che ci vuole a che un farmaco – o una canna - faccia effetto e venga a soccorrere annebbiando i sensi. È vita che scorre, dannazione e piacere, godimento e sofferenza, caldo e gelo, buio e luce. E Francesca Palumbo, con la sensibilità di chi è interessato al mondo e al singolo, indaga tutto questo e ce lo porge, come un dono, con la sua prosa poetica, viva, intensa, vibrante che trasforma le emozioni in gioielli e che fa bene all'anima. Un romanzo intenso, che guarda in faccia la vita, anche nei suoi anfratti più bui e fetidi. Un romanzo che parla di amore, amicizia, adolescenza, dolore, fallimento, rinascita. Un romanzo in cui tuffarsi a capofitto per poi riemergere depurati, in una catarsi dell'anima.

 

Opera recensita: "Il tempo che ci vuole" di Francesca Palumbo

Editore: Besa, 2013

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: Bari

Pagine: 196

Prezzo: 16,00 €

Consigliato: sì

        Voto personale: 9

         Colonna sonora sperimentata: Radiohead. 

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