Sinossi:
Nel cuore dell'Afghanistan,
protetta dalle cime dell'Hindu Kush, sorge la fertile valle di Bamiyan. Dalle
loro nicchie millenarie scavate in una parete di roccia, due gigantesche statue
di Buddha dominano il paesaggio e il sole le colora di sfumature straordinarie
a ogni alba, a ogni tramonto. Ma è l'11 marzo 2001: nella valle di Bamiyan il
sole non può illuminare altro che tristi macerie. 11 marzo 2001. È mattina a
Parigi. Tom si alza e si prepara a partire per Amsterdam. Tom, che in realtà si
chiama Tamim, è afghano, vive in esilio in Francia e fa il rappresentante.
Soffre di paramnesia: ha sempre la sensazione di aver già visto, già vissuto la
sua vita. È sposato con Rina: ha deciso che quel giorno la lascerà per Nuria,
la giovane e misteriosa amante che lo aspetta in Olanda. Ma quando arriva ad
Amsterdam, Nuria è scomparsa. Sarà l'ambigua Rospinoza, una carismatica amica
della ragazza, a dargli le risposte che sta cercando? Per Tom quella giornata
piú di ogni altra assume quasi i contorni di un sogno. 11 marzo 2001. È mattina
a Kabul. Yussef si alza per svolgere come sempre il suo lavoro di portatore
d'acqua. Se non lo farà, i talebani lo puniranno duramente con novantanove
frustate sulla schiena. Yussef è povero, analfabeta, e tutti lo scherniscono
trattandolo da eunuco. Prima di partire in esilio, suo fratello gli ha affidato
la moglie Shirin. La donna è taciturna e apatica: Yussef si tormenta e vorrebbe
aiutarla, ma assurde convenzioni gli impongono di non avere pietà per una donna
abbandonata. E di tacere l'affetto proibito che prova per lei. Quel giorno,
mentre i talebani distruggono i Buddha di Bamiyan in quanto icone non
musulmane, Shirin scompare. Sarà l'enigmatico Lala Bahari, commerciante sikh
convertito al buddismo, il custode delle risposte che Yussef sta cercando? Per
Yussef quella giornata particolare assume quasi i contorni di un sogno.
Commento:
Capitano libri, sulla strada
di ogni lettore, che ci si sente di voler consigliare, ma non si riesce a razionalizzare
il perché: non si può dire che ci siano piaciuti tanto da consigliarli senza
remore, né che l'esperienza di lettura sia stata negativa al punto di
"bocciarli". I portatori d'acqua è uno di questi: mi è piaciuto
abbastanza, ma non so perché. Forse sarà merito dell'ambientazione, quell'Afganistan
di cui ho letto molto e che sempre mi attrae, o magari la storia tra Tom e
Nuria e le sue titubanze a lasciare la moglie, o forse sono stati tutti i
riferimenti a religione e desiderio, un binomio respingente che tuttavia può
trovare posto nello stesso romanzo. Atiq Rahimi crea, in queste pagine, un
equilibrio fragilissimo fatto di amore, fede, cultura, politica, incertezza,
necessità di recuperare la propria libertà, di sgravarsi da un peso che schiaccia
la schiena, di conoscere se stessi e scoprire l'amore. Un equilibrio fatto di
tradizione ed esilio, di oppressione e desiderio di fuga, il tutto visto
attraverso le vite di due uomini, entrambi afgani, che più diversi non si
potrebbe eppure accomunati da molte, molte cose. Un romanzo singolare, che in
una dimensione onirica e nebulosa, racconta due facce di un mondo pieno di
contraddizioni, ma sicuramente affascinante e da approfondire.
Opera recensita: "I
portatori d'acqua" di Atiq Rahimi
Editore: Einaudi, 2020
Genere: narrativa straniera
Ambientazione:
Kabul-Parigi-Amsterdam
Pagine: 192
Prezzo: 18,50 €
Consigliato: sì
Voto personale: 7.
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