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mercoledì 2 ottobre 2019

RECENSIONE: YASUNARI KAWABATA - KOTO


Sinossi:
Yasunari Kawabata nelle sue opere ha profondamente indagato il tema della solitudine. Anche in questo romanzo, il destino delle due sorelle Chieko e Naeko è diviso senza rimedio. Kieko, abbandonata dai genitori, viene adottata da un ricco mercante di Kyoto, mentre Naeko, dopo la morte del padre, lavora nei boschi come operaia. Le due ragazze s'incontrano, si sentono attratte l'una verso l'altra, sognano di vivere insieme, ma la diversità d'educazione e di stato sociale, il probabile matrimonio che attende Chieko rendono impossibile questo sogno di riunione fraterna, di solidarietà e di affetto. L'analisi sottile e delicatissima dei sentimenti, suggeriti più che espressi, il gusto raffinato della natura e del paesaggio intesi come opera d'arte, lo sfondo suggestivo di Kyoto, la città dei santuari, danno a questo libro - pur così moderno - il fascino prezioso, della tradizione artistica e letteraria giapponese.

Commento:
Gli autori giapponesi, sembra lapalissiano, non sono tutti uguali. Vi sono autori più occidentalizzati, cmoderni, come Muracami o Banana Yoshimoto; poi vi sono autori più tradizionali, legati ad un modello di letteratura caratteristico, come Mishima o Tanizaki; poi ci sono autori unici, appartenenti ad una categoria a parte, come Kawabata. Yasunari Kawabata racchiude in sé due caratteristiche – due anime – che lo rendono inimitabile: è elegante e radicale. Elegante per la levità della scrittura, per la raffinatezza delle immagini e suggestioni che crea con le parole, per la capacità di rendere sapientemente leggere e profonde le sue storie; radicale perché non vuole catturare consensi, non scrive per piacere agli altri, non vuole farsi capire, non svende la sua cultura e la tipicità delle sue tradizioni in favore della comprensibilità dei suoi scritti a chi è estraneo al suo mondo. Va preso così, se si vuole capire di più si deve fare lo sforzo di approfondire, leggere ancora, andare oltre la parola scritta ed addentrarsi nel suo mondo. Tutto questo rende la sua prosa sublime. E proprio questo è l'aggettivo che attribuirei a Koto: sublime. È sublime perché concentra in poche pagine l'essenza di una cultura e l'unicità del suo autore. Non vale la pena di soffermarsi troppo sulla trama, giacché lo stesso Kawabata ha voluto riservarle un posto secondario: le protagoniste della storia infatti non sono – come si potrebbe pensare – le gemelle separate Kieko e Naeko, la protagonista vera è la natura. Una natura lussureggiante, umorale, personificata quasi nella sua presenza costante; una natura che influenza gli uomini e le donne di Kyoto nella loro vita, umori, decisioni. C'è, in Koto, una compenetrazione tra uomo e natura che raggiunge livelli probabilmente mai letti: non c'è prevalenza dell'una sull'altro, ma equilibrio sottile, forte, persistente. I ciliegi, i cedri, i monti, il nevischio, le stagioni, sono per i personaggi parte rilevante della loro vita e delle loro giornate.
Koto è un breve romanzo che consiglierei a tutti coloro che vogliano conoscere di più Kawabata e la cultura giapponese, ma soprattutto che anelino perdersi in una dimensione parallela di calma, pace e leggerezza.


Opera recensita: "Koto" di Yasunari Kawabata
Editore: Rizzoli, prima ed. 1962
Genere: narrativa giapponese
Pagine: 155
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


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