simposio lettori copertina

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mercoledì 30 giugno 2021

RECENSIONE: CARMEN KORN - QUANDO IL MONDO ERA GIOVANE

    Sinossi:

Primo gennaio 1950: a Colonia, Amburgo e Sanremo si festeggia l’arrivo del nuovo decennio. Quello che si è appena concluso ha lasciato ferite profonde: nelle città, nelle menti e nei cuori. Gerda e suo marito Heinrich Aldenhoven vivono a Colonia, nella casa ereditata a Pauliplatz, insieme ai figli Ursula e Ulrich e alle cugine non sposate di Heinrich, che hanno perso il loro appartamento sotto i bombardamenti. Heinrich gestisce una galleria d’arte, ma gli affari al momento vanno male: in troppi non hanno più le pareti dove appendere i quadri. La situazione è difficile anche ad Amburgo, dove l’amica di Gerda, Elisabeth, e suo marito Kurt dormono nella stanzetta accanto alla cucina da quando hanno lasciato il letto alla figlia Nina e al nipotino Jan. Il bambino ha cinque anni e non ha mai incontrato il padre, Joachim, disperso in Russia da anni nonostante Nina continui a sperare nel suo ritorno. E infine c’è Margarethe, nata Aldenhoven, che si è trasferita da Colonia a Sanremo, dove ha sposato Bruno, figlio di una ricca famiglia di commercianti di fiori; la vita tra le bellezze della riviera ligure sembra spensierata, ma la presenza della suocera, matriarca misogina che gestisce il patrimonio di famiglia, è molto ingombrante… Ognuno festeggia il Capodanno a modo suo, ma il mattino seguente tutti si pongono le stesse domande: le ferite finalmente guariranno? Cosa riserva il futuro?
Il primo capitolo della nuova saga in due volumi firmata Carmen Korn: un’emozionante storia corale, un decennio all’insegna della rinascita, tre famiglie a cui affezionarsi.

 

Commento:

Se ci guardiamo indietro, gettando uno sguardo d'insieme al Novecento, non ci sarà difficile convenire che la storia di questo secolo si divide in due grossi blocchi: prima e dopo la Seconda guerra mondiale. Quei cinque anni e mezzo e i vent'anni precedenti fanno da spartiacque fra il mondo di prima e il mondo d'oggi. Il decennio che va dal 1950 al 1959 fu, perciò, un periodo cruciale per la nascita e la formazione della società che conosciamo e nella quale viviamo, fu quasi una nuova giovinezza del mondo, fatta di tante novità, voglia di riprendersi, ma anche di strascichi insoluti e ferite profonde. Carmen Korn, in questo romanzo, analizza proprio quel decennio di profondi cambiamenti e lo fa dal punto di vista di tre famiglie, diverse ma tra loro legate, residenti in tre città: gli Aldenoven da Colonia, i Bortfel da Amburgo e i Canna da Sanremo. Le vicende familiari loro e delle persone che con loro hanno a che fare si intrecciano indissolubilmente con la storia dell'Europa postbellica. Ci affezioneremo, come già è accaduto nella Trilogia del secolo, a questi nuovi personaggi e vorremo sapere altro di loro, saremo curiosi di conoscere l'evoluzione delle loro vite. E infatti Carmen Korn non ci delude: è già previsto un secondo volume di questa storia tutta da leggere.

Opera recensita: "Quando il mondo era giovane" di Carmen Korn

Editore: Fazi, 2021

Genere: romanzo storico, saga familiare

Ambientazione: Germania-Italia, anni 50

Pagine: 590

Prezzo: 20,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8.

      

venerdì 25 giugno 2021

RECENSIONE: HARLAN COBEN - FUGA

            Sinossi:

L'hai persa. Tua figlia. Una ragazza sbandata e legata a un fidanzato che abusa di lei. Ma ti ha spiegato chiaramente che non vuole essere salvata. Tu non ti dai pace e quando, per caso, la vedi a Central Park, mentre suona una chitarra non credi ai tuoi occhi. Quella che hai davanti, però, non è la ragazza che hai cresciuto, quella che è sempre presente nei tuoi ricordi. È una donna che cammina sul filo del rasoio, malconcia, spaventata, decisamente nei guai. Non ti fermi a pensare. Corri da lei e le dici di tornare a casa. E lei fugge. Di nuovo. E tu fai quello che ogni genitore farebbe: la segui. Ed entri in un mondo di cui non sospettavi nemmeno l'esistenza. Qui nessuno è al sicuro, nell'ombra l'arma più comune è l'omicidio. Prima che tu riesca ad accorgertene tutta la tua vita è in pericolo. E per proteggere tua figlia dal male, prima dovrai affrontarlo tu stesso...

 

Commento:

Non avrebbe mai immaginato, il ricco, tranquillo, pacato, solido consulente ed analista finanziario Simon Greene, di ritrovarsi a prendere a pugni il ragazzo di sua figlia, a Central Park, a favore di telecamera. Non avrebbe mai immaginato di dover inseguire quella figlia di cui è sempre stato orgoglioso per le strade buie e fetide della droga, in un degrado senza fondo che avrebbe messo in pericolo lei, lui, la loro famiglia e quel fragile equilibrio costruito in tanti anni. Non avrebbe mai immaginato, Simon Greene, di doverla andare a cercare, quella figlia, rimestando nel torbido cocktail di debolezze, fragilità, avidità, depravazione, abuso… eppure, se vuole salvare lei, la sua famiglia e se stesso, deve farlo. Ad aiutarlo c'è Elena Ramirez, la miglior detective privata sulla piazza. Non l'ha assunta lui, ma un altro padre, in un'altra città, che come lui sta cercando suo figlio. Sarà Elena ad arrivare a Simon unendo i fili di un'intricata rete di misteri che scoperchierà un vaso di Pandora pieno di morte, sofferenza e perversione, nel fondo – o se vogliamo, al culmine – del quale c'è sempre la fame di potere e l'ego smisurato di qualcuno che non si fa scrupoli a sfruttare le fragilità altrui.

Fuga di Harlan Coben è un buon thriller che scorre discreto per 400 pagine, una narrazione lenta e metodica che ci conduce con andatura rassicurante per le anse fangose della miseria umana. Cosa ci sarà dopo la prossima curva?

Uno stand alone – sì, ne esistono ancora in questo mondo pullulante di serie – che si fa leggere gradevolmente, con colpi di scena nei punti giusti e una tensione sempre controllata e ben calibrata. Non certo il thriller dal page turning incalzante, ma di sicuro una buona lettura che, per chi vuole coglierli, dà anche velati spunti di riflessione.

 

Opera recensita: "Fuga" di Harlan Coben

Editore: Longanesi, 2021

Genere: thriller

Pagine: 400

Prezzo: 18,60 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8,5.

  

giovedì 24 giugno 2021

RECENSIONE: PAOLO GIORDANO - LA SOLITUDINE DEI NUMERI PRIMI

                Sinossi:

Premio Strega e Premio Campiello Opera Prima 2008.
Nella serie infinita dei numeri naturali, esistono alcuni numeri speciali, i numeri primi, divisibili solo per se stessi e per uno. Se ne stanno come tutti gli altri schiacciati tra due numeri, ma hanno qualcosa di strano, si distinguono dagli altri e conservano un alone di seducente mistero che ha catturato l'interesse di generazioni di matematici. Fra questi, esistono poi dei numeri ancora più particolari e affascinanti, gli studiosi li hanno definiti "primi gemelli": sono due numeri primi separati da un unico numero. L'11 e il 13, il 17 e il 19, il 41 e il 43… A mano a mano che si va avanti questi numeri compaiono sempre con minore frequenza, ma, gli studiosi assicurano, anche quando ci si sta per arrendere, quando non si ha più voglia di contare, ecco che ci si imbatterà in altri due gemelli, stretti l'uno all'altro nella loro solitudine.
Mattia e Alice, i protagonisti di questo romanzo, sono così, due persone speciali che viaggiano sullo stesso binario ma destinati a non incontrarsi mai. Sono due universi implosi, incapaci di aprirsi al mondo che li circonda, di comunicare i pensieri e i sentimenti che affollano i loro abissi. Due storie difficili, due infanzie compromesse da un pesante macigno che si trascina nel tempo affollando le loro fragili esistenze fino alla maturità. Tra gli amici, in famiglia, sul lavoro, Alice e Mattia, portano dentro e fuori di sé i segni di un passato terribile. La consapevolezza di essere diversi dagli altri non fa che accrescere le barriere che li separano dal mondo fino a portarli a un isolamento atrocemente arreso.
Paolo Giordano descrive la parabola di queste due giovani esistenze attraverso parole commosse eppure lucidissime. Il tono del romanzo cresce non appena ci si inoltra nel racconto e nelle vite dei protagonisti. Anche la sintassi e la complessità della frase si evolvono a mano a mano che i due ragazzi crescono, guidandoci in un percorso che conduce lentamente verso significati più acuti. Le descrizioni quasi elementari dei primi capitoli, quando le vite di Mattia e Alice devono ancora incrociarsi, lasciano il posto a una profondità di pensiero imprevedibile e inaspettata. Il linguaggio si affina, le frasi si intrecciano, i pensieri si complicano.
La solitudine dei numeri primi è un romanzo che ci cresce tra le mani, che parte in sordina per esplodere nel finale, è un'opera delicata e terribile allo stesso tempo in cui, al posto degli adolescenti belli e perfetti che affollano le pagine dei romanzi contemporanei, emergono due protagonisti imperfetti e marginali.
I turbamenti e le cicatrici, i fallimenti mai confessati e l'incapacità di vivere quelli che normalmente sono considerati successi, insomma tutta l'umanità scartata dagli altri scrittori, entra nelle pagine di Paolo Giordano. Questo giovane fisico torinese, con la sua opera prima, sposta il baricentro del mondo verso l'angolo oscuro e disprezzato della società, facendo leva, come un moderno Galileo, sulla vita dei suoi ragazzi speciali.
L'ennesima dimostrazione della vivacità che caratterizza la generazione dei trentenni italiani, un esperimento ben riuscito che conferma una regola elementare: a volte basta spostare il punto di osservazione perché un altro universo ci esploda, meravigliosamente, tra le mani.

 

Commento:

Questo titolo, La solitudine dei numeri primi, è rimasto ai margini della mia curiosità per molti anni, sin da quando uscì nel 2008. Da allora ho avuto più volte la tentazione di leggerlo, ma poi – più o meno consapevolmente – gli ho preferito altro, anche altri libri di Giordano. A distanza di tredici anni dalla loro comparsa nel mondo, faccio la conoscenza di Alice e Mattia… due adolescenti troppo feriti dal mondo per volerne fare ancora parte, troppo attaccati alla vita – o forse annientati dai loro traumi – per andarsene davvero. Due anime spezzate che, senza averlo davvero cercato, hanno trovato l'incastro perfetto l'uno nell'altra. Alice e Mattia sono due diversi, lo sentono distintamente, lo sanno loro e lo sa il mondo che li circonda. Sono due corpi che saltano dall'infanzia all'adolescenza, all'età adulta in modo asincrono rispetto ai loro coetanei, ma perfettamente accordato ai loro tempi reciproci. Le loro vite si incontrano, si lacerano, si ritrovano per un doloroso momento e si separano ancora… Chi saprà mai quale sarebbe stato il loro destino se le cose, in varie fasi della loro vita, fossero andate diversamente? Due anime inquiete che, come i numeri primi, sono destinate a sfiorarsi con lo sguardo, ma a non incontrarsi mai davvero. E se il destino, una volta tanto, potesse cambiare con la forza della volontà?

Un libro intenso, delicato, fluido che si legge in poche ore e lascia dietro di sé quella scia dolceamara del "E se…". Una storia che, volendo guardarla in modo oggettivo, forse manca di un ulteriore livello di approfondimento, ma che in fondo va anche benissimo così… così che ognuno di noi possa avere lo spazio di immaginare quel dolore, di riflettere sulle mancanze, di imbastire - perché no? -il proprio finale. Lo consiglio? Sì… in definitiva, sì… proprio per la sua – forse solo apparente - incompiutezza.

 

Opera recensita: "La solitudine dei numeri primi" di Paolo Giordano

Editore: Mondadori, 2008    

Genere: romanzo di formazione

Pagine: 304

Prezzo: 14,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8.

      

martedì 22 giugno 2021

PIER PAOLO PASOLINI - AMADO MIO. PRECEDUTO DA ATTI IMPURI

    Sinossi:

«Se è dalla mia vita che ho raccolto il materiale di questo libro, vuol dire che non ho avuto paura di farlo… E se ho avuto, al contrario, troppo coraggio, prego il lettore di indignarsi contro la violenza, non contro l’anomalia dell’amore.»

I due brevi romanzi Atti impuri e Amado mio testimoniano la giovinezza friulana di Pier Paolo Pasolini. Per trent’anni, come fossero una colpa, sono rimasti inediti, sempre sul punto di essere pubblicati ma inesorabilmente tenuti nascosti al tenero e innocente animo della madre. Amado mio è il racconto compiuto di uno scandaloso incontro estivo, un amore apparentemente fallito tra spiagge e balli pomeridiani. Atti impuri – testo ricavato da tormentate stesure dattiloscritte – narra invece le giornate di un giovane professore che descrive l’ossessione del suo eros e insieme l’impegno a trasmettere l’amore per la poesia ai ragazzi del paese. Al tempo stesso autonomi testi letterari e preziosi documenti, con queste opere Pier Paolo Pasolini ci offre un’autobiografia in via di trasformarsi in vero e proprio romanzo e «preso nei lacci dell’“anomalia” dei suoi amori, ci dà», come scrive Attilio Bertolucci, «due idilli, e insieme elegie, della gioventù».

 

Commento:

Questo volume, che comprende due romanzi brevi, è il mio primo, concreto e compiuto approccio alle opere di Pier Paolo Pasolini. Ho incontrato, in queste pagine, un narratore schietto eppure trattenuto, sincero e passionale eppure accorto nell'esporre i suoi – o gli altrui – tormenti. Quelli qui contenuti sono racconti molto intimi ed altrettanto espliciti della frenesia amorosa, del desiderio fisico, della ricerca della pienezza in un corpo da parte di un professore (in atti impuri) e di un giovane (in Amado mio). C'è, qui, un racconto dell'amore omosessuale che evidenzia da un lato l'irrinunciabilità ed insopprimibilità del desiderio, dall'altro la coscienza del fatto che si tratta di qualcosa di malvisto, peccaminoso, mal tollerato. Si notano ancora, soprattutto in Atti impuri, sprazzi di compassione del narratore verso le "vittime" della sua passione, quasi che non volesse traviarle, tormentarle, sporcarle. Ma c'è, altresì, l'impossibilità di rinunciare a loro. Un'opera tormentata, estremamente moderna e avanti rispetto al periodo in cui fu scritta,  che, narrativamente parlando, ci regala un punto di vista lucido ed autentico su qualcosa che ancora oggi si fa colpevolmente sin troppa fatica a decifrare.

 

Opera recensita: "Amado mio" preceduto da "Atti impuri" di Pierpaolo Pasolini

Editore: Garzanti, prima ed. 1982

Genere: narrativa-autobiografia

Ambientazione: Friuli-Veneto

Pagine: 216

Prezzo: 14,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8.

  

domenica 20 giugno 2021

RECENSIONE: PIERA CARLOMAGNO - NERO LUCANO

        Sinossi:

La vista che si presenta di fronte a Viola Guarino, anatomopatologa chiamata per un sopralluogo sulla scena del delitto, è orribile: un uomo con la testa spaccata, letteralmente, in due. È un ingegnere di origini lucane che da tempo abita a Varese, tornato al paese per affari. Ma quali affari? La sua efficientissima segretaria – e forse amante – ne ha perso per ore le tracce proprio alla vigilia di un accordo milionario. E la moglie Leda, che detesta la Basilicata, si mostra vaga fino al punto di essere sospetta.

Le fin troppo sensibili «antenne» di Viola, un po’ scienziata e un po’ strega, colgono una tensione erotica più torbida rispetto a un semplice triangolo – o quadrato – extraconiugale. O forse si sta lasciando influenzare dal ritorno del sostituto procuratore Loris Ferrara, irresistibile e sfuggente come il giorno in cui si sono incontrati – e come il giorno in cui si sono lasciati? Prima che possa fare ordine tra prove, intuizioni e sentimenti, però, si scopre un nuovo cadavere. C’è stata un’altra vittima, prima dell’ingegnere. L’assassino firma i suoi crimini lasciando al suo passaggio tracce che sembrano sberleffi: una mappa del territorio fin troppo dettagliata, una pagina dalla Divina Commedia. Non c’è dubbio che colpirà ancora.

Una Matera invernale e inquietante, di straordinario fascino tra tempeste e gravine, fa da sfondo a una corsa contro il tempo sulle tracce di un serial killer implacabile. Per inseguirlo, in sella alla sua moto, Viola Guarino dovrà attraversare diverse sfumature di nero: dentro e fuori dall’animo umano.

 

Commento:

Fascinazione, malia, sensualità, inquietudine, brivido, mistero… sono solo alcuni degli elementi – anzi, delle sensazioni intense – che ritroviamo in Nero lucano, il secondo romanzo con protagonista l'anatomopatologa Viola Guarino. Mentre, sul piano sentimentale, confusione, smarrimento, amarezza e voglia di ribellione si mescolano ad una tensione erotica quasi opprimente, una scia nera guida i passi della dottoressa un po' strega che ama parlare con la gente, sentire cosa gli altri hanno da dire o, molto più spesso, non vorrebbero dire. Istinto, sesto senso, preveggenza, profonda sensibilità, capacità di decifrare altri segni, predisposizione a cogliere sollecitazioni metafisiche unite al legame viscerale con la sua terra e la sua gente si uniscono al rigore scientifico: un mix perfetto che rende Viola Guarino la migliore, ma anche la più chiaccherata, guardata con sospetto, osservata speciale. Ma che Viola sia tenace e sappia fare bene il suo lavoro è un fatto, perciò quando le viene sottoposto il cadavere di un ingegnere grottolese lei deve capire, guardare ciò che gli altri non colgono, ascoltare ciò che gli altri non sentono… e lo stesso farà con le altre vittime, finché non arriverà, non senza fatica e tribolazioni,  alla soluzione del caso. Tra personaggi ingombranti e figure eteree, si viaggia in bilico tra la bellezza crepuscolare e struggente delle terre del  Sud d'inverno e quel senso di imminente tragedia che precede la morte violenta. Incontrare Viola Guarino vuol dire immergersi in un mondo a metà tra l'estrema concretezza e la volatilità di una sensazione, vuol dire lasciarsi guidare tra le pagine che raccontano il fascino nero di una terra stordente ed ammaliatrice. Un viaggio dal quale è difficile tornare nello stesso stato di quando si era partiti e dal quale è altrettanto difficile staccarsi: l'auspicio è di ritrovarla presto in nuove storie, Viola Guarino, perché la voglia di incontrarla e di percorrere con lei, a bordo della sua moto, vie antiche che sanno di terra e di storia, è davvero tanta.

 

Opera recensita: "Nero lucano" di Piera Carlomagno

Editore: Solferino, 2021

Genere: noir, seriale

Ambientazione: Basilicata

Pagine: 352

Prezzo: 18,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 9.

  

sabato 19 giugno 2021

RECENSIONE: ILARIA TUTI - FIGLIA DELLA CENERE

Sinossi:

«La mia è una storia antica, scritta nelle ossa. Sono antiche le ceneri di cui sono figlia, ceneri da cui, troppe volte, sono rinata. E a tratti è un sollievo sapere che prima o poi la mia mente mi tradirà, che i ricordi sembreranno illusioni, racconti appartenenti a qualcun altro e non a me.
È quasi un sollievo sapere che è giunto il momento di darmi una risposta, e darla soprattutto a chi ne ha più bisogno. Perché i miei giorni da commissario stanno per terminare.
Eppure, nessun sollievo mi è concesso.
Oggi il presente torna a scivolare verso il passato, come un piano inclinato che mi costringe a rotolare dentro un buco nero.
Oggi capirò di dovere a me stessa, alla mia squadra, un ultimo atto, un ultimo scontro con la ferocia della verità.
Perché oggi ascolterò un assassino, e l’assassino parlerà di me.» 
Dopo Fiori sopra l’inferno e Ninfa dormiente, torna il commissario Teresa Battaglia in una storia intrisa di spietatezza e compassione, di crudeltà e lealtà, di menzogna e gentilezza. L’indagine più pericolosa per Teresa, il caso che segna la fine di un’epoca.

 

Commento:

Ritrovare Teresa Battaglia è, ormai, un piacere cui è difficile sottrarsi, tantomeno rinunciare: questa commissaria dall'autorevolezza naturale e dall'umanità debordante ha conquistato i cuori di tanti lettori, compreso il mio, sin dalla sua prima comparsa in Fiori sopra l'inferno. La ritroviamo, in questo nuovo romanzo, più provata, fragile, coraggiosa che mai: la sua malattia è giunta ad un punto cruciale, che le rende difficile – se non impossibile – continuare nel suo lavoro. Teresa lo sapeva che questo momento sarebbe arrivato e che sarebbe stato difficile, ma non immaginava che a complicare le cose ci sarebbe stato il passato, un passato struggente e pericoloso, un nodo doloroso che le cambiò la vita e che resta ancora da sciogliere… un nodo incarnato da un uomo che ha ucciso e salvato e che torna a far parlare di sé.

Figlia della cenere è un noir diverso dai precedenti della serie, sebbene ugualmente intenso e trascinante: è diverso perché il suo fascino non si concentra tanto sulla natura circostante, sul territorio, sul male che viene da fuori, quanto invece su quello che tocca Teresa da vicino, da dentro. È un romanzo profondamente introspettivo, una specie di resa dei conti che ci permette di conoscere meglio Teresa, il suo passato, ciò che l'ha resa la roccia che è, per poter scendere all'inferno con lei, per tenerla per mano mentre affronta i suoi demoni. Non è l'ultima volta che la incontriamo, per fortuna: il finale è più che aperto e guida verso nuovi spunti, nuovi sviluppi e – c'è da scommetterlo – nuove emozioni.

 

Opera recensita: "Figlia della cenere" di Ilaria Tuti

Editore: Longanesi, 2021

Genere: noir, seriale

Pagine: 368

Prezzo: 18,60 €

Consigliato: sì

Voto personale: 9.

  

lunedì 14 giugno 2021

RECENSIONE: VICTOR JESTIN - CALDO

                Sinossi:

“Oscar è morto perché l’ho guardato morire senza muovere un dito. È morto strangolato dalle corde di un’altalena”. Così comincia questo breve e intenso romanzo che racconta l’ultimo giorno di Léonard, diciassette anni, in un campeggio delle Landes oppresso dalla canicola. Un comportamento irreparabile che lui per primo non sa spiegarsi. Rimanere immobili è la stessa cosa che uccidere? In preda al panico, sotterra il corpo nella spiaggia. Il giorno dopo, mentre si aspetta di essere scoperto da un momento all’altro, conosce una ragazza.

 

Commento:

"Caldo", una parola importante per un romanzo coraggioso. L'esordio narrativo di Victor Jestin è, senz'ombra di dubbio, proprio un romanzo coraggioso, oltre che disturbante, allucinato, breve ma impegnativo. Lo è perché affronta con voce originale e soprattutto autentica un tema scandagliato in lungo e in largo: l'adolescenza. Lo fa con la voce – narrante e non solo – di un adolescente, mettendo in luce i disagi, i turbamenti, i complessi, il cinismo e perfino la cattiveria del più debole del gruppo, del senza amici, dello zimbello dei coetanei. Questa voce è quella di Léonard, un ragazzo a disagio con gli altri perché consapevolmente a disagio con se stesso, un ragazzo pieno di manie, piccole ossessioni, paure, incertezze; un ragazzo che, pur avvertendo il desiderio, pensa che l'unico modo che ha per soddisfare la propria libido sia di notte, nella sua camera in solitudine. Due cose gli accadono mentre vive l'epilogo di una delle esperienze peggiori della sua adolescenza: conosce una ragazza e vede morire un ragazzo. Cosa può scatenare nella mente di un ragazzo estraniato dal mondo l'unione di due situazioni così importanti? Leggere questo romanzo vuol dire scoprirlo. Io ve lo consiglio, anche se pensate di aver letto l'impossibile sull'adolescenza: è breve, è originale a suo modo, è duro quanto basta… vale la pena.

 

Opera recensita: "Caldo" di Victor Jestin

Editore: E/O, 2021

Genere: narrativa straniera

Ambientazione: Francia

Pagine: 128

Prezzo: 13,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8.

  

mercoledì 9 giugno 2021

RECENSIONE: MURIEL BARBERY - UNA ROSA SOLA

Sinossi:

Rosa fa la botanica, ha quarant’anni, vive a Parigi ed è tristissima. O, per meglio dire, è depressa. Conosce i fiori, ma non li guarda; le piacciono gli uomini, ma solo per una sera; niente la appassiona, niente riesce a smuoverla dalla cappa plumbea in cui trascorrono le sue giornate, la vita le sembra un faticoso percorso senza senso. Così è quasi per forza d’inerzia che parte per Kyōto per assistere all’apertura del testamento del padre. Di lui non sa niente, sa solo che è giapponese e che quarant’anni prima ha avuto un’effimera relazione con la madre. Non l’ha conosciuto da vivo, va a conoscerlo da morto. Ma il Giappone è un altro pianeta e, anche se in un primo tempo le ciotoline da tè e i vialetti di sabbia rastrellata le fanno soltanto rabbia, piano piano si fa strada in lei una consapevolezza del profondo che la porterà a rivalutare se stessa e a vedere con un altro occhio quelle che fino a quel momento le erano apparse solo un’interminabile serie di disgrazie. Accompagnata nel suo viaggio di rinascita da Paul, belga trapiantato in Giappone, fedelissimo segretario del padre, Rosa conoscerà un nuovo concetto di bellezza che la porterà a elaborare un nuovo concetto di amore             e quindi di vita.

 

Commento:

Attendevo da tanto di leggere questo libro: conosco l'autrice per aver letto – ormai tanto tempo fa – L'eleganza del riccio che avevo molto apprezzato a suo tempo, così riponevo in questa sua ultima fatica molte aspettative, in verità non deluse. Si tratta di due libri diversi, ma accomunati da una sensibilità visionaria: l'autrice racconta sentimenti ed esperienze tutto sommato comuni con uno sguardo trasognato, intimo, profondo. Lo fa descrivendo i sentimenti con immagini, ritualità, esperienze quasi mistiche, ponendo in luce il legame fortissimo tra noi e il mondo che ci circonda, i fiori, la terra, l'acqua, il cielo, ma anche le altre presenze, umane o animali, di carne o in spirito. Anche qui, in Una rosa sola, l'autrice quasi ci sommerge di sollecitazioni sensoriali per raccontare la storia di una quarantenne parigina giunta in Giappone, una terra da lei mai vista, così diversa dal suo modo di sentire. Rosa, così si chiama la protagonista, è una donna depressa, in lei convivono tristezza, rabbia e un senso di smarrimento ed abbandono difficili da estirpare perché radicati nell'infanzia e fomentati dagli urti che la vita non le ha risparmiato. Rosa vive la vita con indifferenza, fra incontri fugaci e fiori che conosce ma che non guarda davvero. Giunta in Giappone per la lettura del testamento di un padre che non ha mai conosciuto, Rosa è sopraffatta da una serie di esperienze troppo intense, troppo piene di colori e mutevolezza per una donna abituata ad un grigio statico e costante. In questo viaggio che le cambierà la vita visiterà luoghi e incontrerà persone che la guideranno verso la rinascita. Un libro strano, questo nuovo di Muriel Barbery: leggendo si ha l'impressione di essere storditi, tramortiti dallo shock dell'impatto con l'acqua gelida, solo che per quanto sono lussureggianti e ricche di profumi, colori, sensazioni pregnanti, queste pagine dovrebbero essere paragonate ad acqua bollente, altro che gelida. Si galleggia in una dimensione sospesa, irreale, in un sacco amniotico da cui si riemerge, dopo una gestazione forzata, a nuova vita. Da leggere? Sì. Vi piacerà? Non lo saprete se non molte ore dopo averlo terminato. Io, comunque, ve lo consiglio.

 

 

Opera recensita: "Una rosa sola" di Muriel Barbery

Editore: E/O, 2021

Genere: narrativa straniera

Ambientazione: Giappone

Pagine: 170

Prezzo: 16,50 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8,5.

          

sabato 5 giugno 2021

RECENSIONE: PAOLA BARBATO - L'ULTIMO OSPITE

Sinossi:

All'inizio è solo una sensazione, un fastidio. L'odore di polvere mista a muffa, certo. Ma anche qualcosa di stonato, un dettaglio fuori posto. È questo ciò che prova Letizia quando mette piede per la prima volta a Olimpia d'Arsa, una villa antica e quasi in rovina in cui è costretta a rinchiudersi per qualche giorno con Flavio, il notaio che le ha dato un lavoro e una ragione per ricominciare. La proprietaria della casa è morta novantenne senza eredi né testamento e i lontanissimi parenti si sono fatti avanti come bestie avide e feroci, pronti a scannarsi tra loro per impossessarsi della tenuta. E di tutto quello che c'è dentro. Un incarico come tanti. Ma non questa volta. Sono solo piccoli dettagli che non combaciano, un cuscino spostato, una serie infinita di armadi nascosti nella boiserie, il cane di Letizia, che in quella casa non vuole entrare, e una luce azzurra, comparsa per brevi istanti una notte dalle bocche di lupo del seminterrato. Sono solo scherzi della mente, si ripete Flavio, compreso nella propria razionalità. Ma Letizia è certa che non sia così e la sua fervida immaginazione si accende quando trova oggetti infantili sepolti nella casa, ciocche di capelli biondi, muffole, piccoli trofei. Perché una donna senza figli né nipoti avrebbe dovuto conservarli? Perché avrebbe dovuto nasconderli? Ora Flavio e Letizia sono dentro senza possibilità di uscire e il più atroce dei dubbi si insinua nelle loro menti così diverse: e se non fossero soli?

 

Commento:

Lo so, lo so, per un'appassionata di thriller come me è quasi un delitto essere arrivata fino ad oggi senza aver letto nulla di Paola Barbato… ma tranquilli, ora che ho cominciato mi rifarò presto del tempo perduto: L'ultimo ospite è il primo libro che leggo di questa brava autrice italiana, ma di certo non sarà l'ultimo. Non si capisce per niente che mi è piaciuto molto, vero?

Fra tanti noir, gialli più o meno soft, psycho, medical, legal, spy, chiber.... è bello trovare un buon thriller adrenalinico e goderselo senza star dietro a troppe etichette o classificazioni. È un thriller puro, come non me ne capitavano fra le mani da tempo: è ben scritto, ben architettato, con quell'attenzione ai dettagli che a me piace tanto… un vero piacere leggerlo. Le pagine girano senza sosta mentre, accompagnati da un costante, piacevole brivido alla schiena, ci appassioniamo alle vicende di Flavio e Letizia, un giovane notaio e la sua sgraziata ma preziosa assistente rinchiusi in una villa ad inventariare i milioni di cianfrusaglie accumulate da una vecchia, avara signora appena trapassata. Solo che, fra quell'accozzaglia di ninnoli e cose di valore variabile, c'è qualcosa che stona, che non dovrebbe essere lì… qualcosa che è strano conservare, specie se a farlo è una signora senza figli e nipoti che non sembrava avere familiarità con le bambine… è Letizia a notare per prima le stranezze, lei che ha una gran fantasia e una fervida immaginazione, ma ben presto anche il gioviale, professionale e razionale Flavio appare turbato… e se in quella grande casa non fossero soli? Un libro che, ne sono certa, piacerà molto agli appassionati del genere… non troppo adatto, invece, a chi si fa prendere dall'ansia o è suggestionabile: qui non si scherza, la tensione c'è tutta, i brividi pure. Questo è un bel thriller, quindi non è un thriller leggero. Se pensate di farcela, beh, leggetelo: sarete premiati.

 

Opera recensita: "L'ultimo ospite" di Paola Barbato

Editore: Piemme, 2021

Genere: thriller

Ambientazione: Nord Italia

Pagine: 413

Prezzo: 18,50 €

Consigliato: sì

Voto personale: 9

      

venerdì 4 giugno 2021

RECENSIONE: PABLO TRINCIA - VELENO

        Sinossi:

Alla fine degli anni Novanta, in due paesi della Bassa Modenese separati da una manciata di chilometri di campi, cascine e banchi di nebbia, sedici bambini vengono tolti alle loro famiglie e trasferiti in località protette. I genitori sono sospettati di appartenere a una setta di pedofili satanisti che compie rituali notturni nei cimiteri sotto la guida di un prete molto conosciuto nella zona. Sono gli stessi bambini che narrano a psicologi e assistenti sociali veri e propri racconti dell'orrore. La rete dei mostri che descrivono pare sterminata, e coinvolge padri, madri, fratelli, zii, conoscenti. Solo che non ci sono testimoni adulti. Nessuno ha mai visto né sentito nulla. Possibile che in quell'angolo di Emilia viga un'omertà tanto profonda da risultare inscalfibile? Quando la realtà dei fatti emergerà sotto una luce nuova, spaventosa almeno quanto la precedente, per molti sarà ormai troppo tardi. Ma qualcuno, forse, avrà una nuova occasione.

 

Commento:

Ah, quant'è difficile! Quant'è difficile raccontare questo libro, quant'è difficile reggere l'urto emotivo delle enormità che, con professionalità ma anche con molta partecipazione, Pablo Trincia ci espone con cura e metodo. Eppure bisogna farlo, bisogna consigliare questa lettura, bisogna parlare di questa storia perché il rischio che casi come questo, errori giudiziari come quello che tra il 97 e il 98 coinvolse due paesi della Bassa modenese, si ripetano è pericolosamente e drammaticamente alto. La storia è più o meno nota, ma forse in troppo pochi si sono fermati a riflettere sulle implicazioni psicologiche, emotive, intime di chi questa storia l'ha vissuta da vittima. Genitori e familiari accusati ingiustamente, allontanati brutalmente dai loro figli, sottoposti a processo e prima ancora alla gogna, in qualche caso morti prima di vedersi assolti… ma qualcuno ha pensato ai danni che un errore, un approccio psicologico sbagliato ha provocato in queste persone? E ai figli, a quei bambini che oggi sono uomini e donne, qualcuno ci ha mai davvero pensato? E qualcuno ha pagato? Fa male leggere le testimonianze, i racconti, le dinamiche contenute ed approfondite in queste pagine… eppure è un male necessario, perché questo caso non cada nel dimenticatoio. Il libro in sé è

Appassionante, coinvolgente e l'autore – che ha fatto un lavoro immane per ricostruire questa storia – è molto bravo nel raccontare con obiettività, ma risultando comunque partecipe. Una cosa dobbiamo tenere a mente mentre leggeremo, è la premessa posta da Trincia prima di cominciare il racconto: è tutto vero, nulla è stato romanzato dall'autore. Fidatevi, durante la lettura vi ritroverete spesso a ricordarlo a voi stessi, tanto vi sembrerà atroce il dolore, assurdi alcuni comportamenti, profondo l'incubo in cui sono precipitate queste famiglie. È tutto paurosamente, drammaticamente, incredibilmente vero.

 

Opera recensita: "Veleno. Una storia vera" di Pablo Trincia

Editore: Einaudi, 2019

Genere: reportage

Ambientazione: Bassa modenese

Pagine: 296

Prezzo: 18,50 €

Consigliato: sì

Voto personale: 9.

      

mercoledì 2 giugno 2021

RECENSIONE: SUSY GALLUZZO - QUELLO CHE NON SAI

Sinossi:

Michela, detta Ella, ha passato gli ultimi anni a crescere la figlia Ilaria, dedicandosi a lei in ogni momento anche a scapito del suo lavoro di medico e del rapporto con il marito Aurelio. Ella conosce tutte le manie e le ansie di Ilaria, sa quanto è brava a tennis ma anche quanto le è difficile concentrarsi a scuola. Dopo un allenamento, Ilaria si distrae guardando il cellulare ferma in mezzo alla strada, mentre una macchina avanza veloce verso di lei. Ella non fa niente per avvisarla: rimane immobile a osservare la figlia che, salva per un soffio, se ne accorge. In quell’istante, tra loro si rompe qualcosa. Ella così inizia a sfogarsi scrivendo un diario rivolto alla propria madre, morta quindici anni prima: pagina dopo pagina, racconta delle crepe che si allargano fino a incrinare in modo irreversibile i delicati equilibri familiari, si addentra nei propri ricordi per riportare a galla vecchi e nuovi conflitti, rimpianti e sensi di colpa, per trovare infine la forza di affrontare la verità e ricominciare. Viaggio negli equilibri precari di una famiglia all’apparenza perfetta, Quello che non sai è un romanzo sulla maternità e sul timore di non essere mai all’altezza. Attraverso la storia di un distacco necessario, narrata in un crescendo di sentimenti contrastanti, l'autrice inscena il fallimento personale della protagonista cambiando continuamente prospettiva in un gioco psicologico complesso e molto appassionante. Susy Galluzzo ha scritto un libro intenso che affronta un tema tabù con grande abilità e coraggio meditando in maniera profonda sul lato oscuro che è in ognuno di noi e su quello che una donna non confesserebbe mai, neppure a se stessa.

 

Commento:

Lo confesso: sono in difficoltà. Non so bene come raccontare questo romanzo, non so come parlarne senza risultare banale o riduttiva, non so dire – neanche dopo 240 pagine – per chi parteggerei fra la madre e la figlia, fra Michela e Ilaria… ma so che ho cominciato a leggere Quello che non sai ieri sera intorno alle 22:00 e stanotte sono andata a dormire oltre le 3:00 perché sapevo che non sarei mai riuscita a dormire senza averlo finito; so che è un romanzo bellissimo, ma che definirlo così è oltremodo sminuente; so che non sono madre, ma questo libro lo consiglierei a tutte le madri e a tutte le figlie. Lo consiglierei alle madri che sentono di non farcela, che si sentono in colpa perché probabilmente non stanno dando tutte loro stesse ai figli, che non si sentono capite ed hanno paura a dire che non li sopportano più, i loro figli. E poi lo consiglierei a tutte quelle figlie che "mia madre è una strega/arpia/fallita/depressa/stupida", che "non la sopporto più" etc. etc. etc. Può, una madre, arrivare a detestare sua figlia? Può arrivare ad ingaggiare una lotta di sopravvivenza con il sangue del suo sangue? Può, un bel giorno, decidere che basta così, che non ce la fa più, che è ora di riprendersi la propria vita? E d'altra parte, fino a che punto una figlia può pretendere attenzioni, comprensione, abnegazione dalla propria madre? Domande che parrebbero inconcepibili, persino innaturali, folli a chiunque di noi non si sia trovato nella situazione di Michela, la protagonista e voce narrante del libro, e di sua figlia Ilaria. Ma leggetela, la sua storia, provateci… e vi assicuro che non vi sarà poi così facile rispondere. Un romanzo profondo, intenso, scritto in una forma originale e toccante, una storia che si distingue dalla massa e non si fa dimenticare facilmente. Di pregi ne ha molti, ma su tutti quello che ho apprezzato di più è proprio l'avermi messa in condizione di non riuscire a decidere da quale parte stare e, quindi, di avermi di fatto impedito di giudicare. E non accade proprio così nella vita reale? Non accade, forse, di ritrovarsi a dar ragione alla figlia e alla madre e, egualmente, torto ad entrambe? E, prima ancora, chi siamo noi per giudicare le vite e le scelte altrui? Sono tante le cose che non so, specie sulla maternità e su come si gestisca il rapporto tra genitori e figli stando dall'altra parte della barricata… ma so che questo romanzo ve lo consiglio, davvero.

 

Opera recensita: "Quello che non sai" di Susy Galluzzo

Editore: Fazi, 2021

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: Roma

Pagine: 240

Prezzo: 16,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 9,5.

              

martedì 1 giugno 2021

RECENSIONE: LUCILLA AGOSTI - SE ESPLODI FALLO PIANO

            Sinossi:

Nella vita di Carla sembra non mancare niente: due figli, un lavoro che le piace e un marito, Filippo, che crede di amare. Eppure basta un messaggio ambiguo trovato per caso nello smartphone di Filippo per infrangere l'apparente equilibrio in cui per anni ha nascosto le proprie fragilità. La sua rabbia esplode come un vasetto di marmellata scagliato contro il muro. Anche se le convenzioni borghesi in cui è immersa le richiedono invece compostezza, le suggeriscono di "esplodere piano". Carla inizia così il percorso accidentato per rimettere insieme i pezzi di un'esistenza andata in frantumi. Chi era e cosa desiderava davvero? Che fine aveva fatto quel Filippo di cui si era innamorata anni prima, con cui aveva deciso di costruire una famiglia? E perché uno dei suoi figli continuava a non parlare? Passerà da conversazioni senza filtri con la madre davanti a una tazza fumante di tè verde ad avventure erotiche tanto eclatanti quanto tenere (indimenticabile la scena in hotel con un attore porno). Muovendosi sempre in quell'equilibrio precario come quando si cammina coi tacchi sottili su una strada di ciottoli.

 

Commento:

Se esplodi, fallo piano… di questo romanzo mi aveva, innegabilmente, colpito il titolo: ironico, irriverente, quasi sarcastico, ma veritiero. Tante volte mi sono ritrovata a riflettere con rammarico su negazionismo dei sentimenti a cui ci obbliga la società, o forse, che siamo noi stessi ad infliggerci quotidianamente. Se un evento ti sconvolge la vita puoi esplodere, ma piano, senza rumore, strepiti o tumulti: non esiste che ti stracci le vesti o dai di matto, devi comunque mantenere quel minimo di decenza, ragionevolezza, contegno, per non dare scandalo, per non dare in escandescenza, per non (dis)turbare gli altri… Ma chi l'ha detto? Chi diamine ha deciso che bisogna tenersi tutto dentro, essere sempre precise, ragionevoli, impeccabili? Ecco, è stato un po' questo il pensiero che mi ha spinta verso questo romanzo… e forse erano troppo alte le mie aspettative, forse ho dato per presupposto che avrei trovato questo stesso pensiero nelle pagine, non so… fatto sta che sono rimasta delusa. Mi aspettavo altro, mi aspettavo un'altra profondità, un altro sentire, un po' di… di più. Per carità, il romanzo è gradevole da leggere, ben scritto, attuale, ma speravo di ritrovarmici di più, di empatizzare con almeno uno dei personaggi… invece no. Però voi leggetelo… leggetelo perché, anche se non è la mia, quella di Carla, Filippo e Simona è una storia comune… fin troppo, a dire il vero. È una storia su cui riflettere perché, anche se non ne ha dati a me, può fornire molti spunti per riflettere su chi vogliamo essere e che direzione vogliamo dare alla nostra vita.

 

Opera recensita: "Se esplodi fallo piano" di Lucilla Agosti

Editore: Mondadori, 2021

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: Milano

Pagine: 168

Prezzo: 17,00 €

Consigliato: sì/no

Voto personale: 6,5.