simposio lettori copertina

simposio lettori copertina

martedì 29 settembre 2020

RECENSIONE: GIANRICO CAROFIGLIO - DELLA GENTILEZZA E DEL CORAGGIO

     

Sinossi:

La parola più importante della nostra lingua è gentilezza. Che non c’entra nulla con le buone maniere, né con l’essere mite. L’uomo civile cui si riferiscono queste pagine non è l’eterno sconfitto, non rifiuta il conflitto. Lo accetta, invece, come parte inevitabile e proficua della complessità e della convivenza. Accetta il conflitto e lo pratica secondo regole, in una dimensione non distruttiva, umana. La gentilezza è una virtù necessaria a trasformare il mondo e a mettere in atto la giustizia. Per questo ha a che fare con il coraggio. Perché il coraggio è una dote del carattere ma anche dell’intelligenza. Consiste nella capacità di entrare in un rapporto razionale ed equilibrato con il pericolo e il rischio, gestendoli nei limiti in cui questo è possibile. In questo senso gentilezza e coraggio sono affini, hanno in comune innanzitutto la percezione dell’altro e della complessità del mondo. Quello su cui le vicende odierne ci portano a riflettere è che bisogna affrontare la vita accettandone l’ignoto, che si tratti di politica o di epidemie. Bisogna affrontare il rischio prendendo tutte le precauzioni sensate ma non quelle insensate, generate da un bisogno immaturo e pericoloso di governare l’ingovernabile, cioè l’incertezza. Non bisogna lasciare che la paura diventi una forza incontrollabile e distruttrice, ma trasformarla in uno strumento per cambiare le cose.

 

Commento:

A me Carofiglio piace, mi piace quando parla di giustizia, di quotidianità, di umanità. Mi piace come usa le parole, come ci gioca con perizia; mi piace la sottigliezza delle sue osservazioni e descrizioni. Però non tutte le opere di Carofiglio sono uguali, alcune sono memorabili, altre dimenticabili, altre… una via di mezzo. Questo breviario che in realtà è un saggio fa parte dell'ultima categoria: è molto interessante, ma altresì molto, ma molto pesante. In realtà credo che tutto stia nelle aspettative: mi aspettavo leggerezza, immediatezza, apertura, ho trovato un testo di studio, un manuale, un libro non immediato e – oserei dire – persino elitario. Carofiglio affronta qui temi importanti come la gentilezza, il coraggio, le manipolazioni, la comunicazione buona e quella fallace, le paure e le loro ripercussioni sociali sul piano del dibattito, politico e non solo. Lo ripeto, i concetti espressi sono molto interessanti, aiutano a riflettere, chiarire, scegliere, però prima di leggere questo libro bisogna sapere a coscosa aspettarsi, avere ben chiaro a cosa si va incontro. Nel sottotitolo si legge la parola "Breviario": ora, probabilmente sbagliando, io l'avevo associata ad un qualcosa di maneggevole, pratico, risolutivo, immediato, una lettura da tenere con sé, da riaprire saltuariamente e da consultare periodicamente. Non è così. Della gentilezza e del coraggio è un libro interessantissimo, purché si sappia che è un saggio dettagliato, accurato e ricco di citazioni dotte ed esemplificazioni efficaci, ma non immediate.

 

Opera recensita: "Della gentilezza e del coraggio. Breviario di politica e altre cose" di Gianrico Carofiglio

Editore: Feltrinelli, 2020

Genere: saggio

Pagine: 128

Prezzo: 14,00 €

Consigliato: sì/no

Voto personale: 7.    

lunedì 28 settembre 2020

RECENSIONE: NICK HORNBY - PROPRIO COME TE

Sinossi:

Lucy è un'insegnante di lettere, quarantaduenne, con due figli e un ex marito che con molta difficoltà cerca di essere almeno un padre decente. L'amica Emma le invidia la sua condizione di single, che – immagina – le consentirà ben presto di fare sesso con una persona con cui non l'ha mai fatto prima, e si impegna instancabilmente nel darle consigli non richiesti. Ma Lucy non è pronta per una nuova storia, o forse non ha nessuna voglia di cominciarne una con un uomo che, sulla carta, sarebbe perfetto per lei: divorziato, bianco, colto, di mezza età. Passa senza convinzione da un deprimente appuntamento al buio a una cena con uno scrittore un po' troppo pieno di sé. Finché nella sua vita entra Joseph. È il ragazzo che lavora al banco della macelleria, ma fa anche il babysitter e l'allenatore di calcio. Però il suo sogno è diventare deejay. È troppo giovane per Lucy. È di colore. Ah, e forse voterà a favore della Brexit. Insomma, Joseph e Lucy non potrebbero essere più diversi, quindi tra loro non funzionerà mai. O invece sì? Sullo sfondo di una storia d'amore piena di colpi di scena, arricchita da personaggi irresistibili perché incredibilmente veri, c'è la Londra divisa dalla scelta sull'Europa, che sembra spaccare il mondo in due: in famiglia, sul lavoro e in tutte le relazioni. Nick Hornby ci racconta, con la sua ironia sempre carica di profondità, che c'è un modo per vivere nelle differenze, per superare i pregiudizi, in amore come in politica. E che per fare un pezzo di strada insieme forse non è necessario, e nemmeno desiderabile, trovare qualcuno che sia proprio come te.

 

Commento:

Proprio come te, l'ultimo di Nick Hornby, è un romanzo ironico, senza pretese, di quella leggerezza non ostentata che gli vale quell'aura di autenticità che tanti scrittori anelerebbero e che invece Hornby raggiunge senza sforzo. In Proprio come te Hornby racconta, senza ostentazione, i problemi di una coppia un po' sui generis, ma meno anomala di quanto i protagonisti pensino; una coppia composta da una quarantaduenne e un ventiduenne, lei bianca, attraente, insegnante, separata, con due figli; lui di colore, atletico, amante della musica, senza vincoli a parte la famiglia. Due persone che si sentono inadeguate, che vivono male il fatto di piacersi, di star bene insieme, di fare sesso e di volere che la reciproca compagnia non si esaurisca in una notte e via. La storia dei due progredisce a piccoli passi, con molti tentennamenti e complessi da parte di entrambi, con sullo sfondo una Londra poco metropoli e molto paesone, assillata dalla Brexit, dai suoi effetti e dal terrore di fare la scelta sbagliata. Pian piano, però, tutto si stabilizza e soprattutto i due protagonisti capiscono, grazie ad influenze esterne, che non è poi così sbagliato stare insieme, anche se si è diversi da ciò che gli stereotipi sembrerebbero imporre. Un romanzo gradevole sulle differenze e sulla necessità di abbatterle, sugli stereotipi e su come molto spesso siamo noi ad alimentarli. Non un capolavoro, ma sicuramente una lettura interessante.

 

 

Opera recensita: "Proprio come te" di Nick Hornby

Editore: Guanda, 2020

Genere: narrativa inglese

Ambientazione: Inghilterra, 2016-2019

Pagine: 368

Prezzo: 18,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 7,5.

      

giovedì 24 settembre 2020

RECENSIONE: VALERIE PERRIN - IL QUADERNO DELL'AMORE PERDUTO

Sinossi:

La vita di Justine è un libro le cui pagine sono l’una uguale all’altra. Segnata dalla morte dei genitori, ha scelto di vivere a Milly – un paesino di cinquecento anime nel cuore della Francia – e di rifugiarsi in un lavoro sicuro come assistente in una casa di riposo. Ed è proprio lì, alle Ortensie, che Justine conosce Hélène. Arrivata al capitolo conclusivo di un’esistenza affrontata con passione e coraggio, Hélène racconta a Justine la storia del suo grande amore, un amore spezzato dalla furia della guerra e nutrito dalla forza della speranza. Per Justine, salvare quei ricordi – quell’amore – dalle nebbie del tempo diventa quasi una missione. Così compra un quaderno azzurro in cui riporta ogni parola di Hélène e, mentre le pagine si riempiono del passato, Justine inizia a guardare al presente con occhi diversi. Forse il tempo di ascoltare i racconti degli altri è finito, ed è ora di sperimentare l'amore sulla propria pelle. Ma troverà il coraggio d’impugnare la penna per scrivere il proprio destino? Una storia delicata e commovente, un'autrice capace di descrivere con efficacia e tenerezza ogni sfaccettatura dei sentimenti: sono questi gli elementi che hanno conquistato la critica e che rendono Il quaderno dell'amore perduto un romanzo destinato a restare a lungo nel cuore di tutti i lettori che credono nel potere dei ricordi e dell'amore.

 

Commento:

Il quaderno dell'amore perduto è un libro delicato, da leggere in autunno o in inverno, avvolti in un plaid con in mano una tazza di cioccolata fumante. È una storia dolceamara che racchiude a sua volta due storie dolci e amare: quella di Justine, ventunenne orfana che vive con i nonni e il fratello che in realtà è suo cugino, e quella di Helène, un'anziana signora residente nella casa di riposo dove Justine lavora. Queste due storie fatte di piccole gioie e sofferenze diverse, si intrecciano in una trama intricata resa avvincente da una scrittura fluida, partecipe ed emotiva. Valérie Perrin conferma la capacità, già dimostrata in Cambiare l'acqua ai fiori, di creare personaggi credibili e profondamente umani, nonché di saper raccontare le storie svelando il quadro a poco a poco, catturando l'attenzione del lettore. Questo libro, per la verità scritto nel 2016 quindi precedente al ben più noto Cambiare l'acqua ai fiori, a me è piaciuto leggermente meno dell'altro, non perché sia meno bello, ma probabilmente perché avevo alte aspettative e in questa storia qualcosa non mi ha del tutto convinta, non mi ha conquistata fino in fondo. Però lo consiglio, perché è una bella storia, intensa e delicata, che potrebbe piacervi.

 

Opera recensita: "Il quaderno dell'amore perduto" di Valérie Perrin

Editore: Nord, 2016

Genere: narrativa francese

Ambientazione: Francia

Pagine: 344

Prezzo: 16,90 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8.

  

mercoledì 23 settembre 2020

RECENSIONE: GIANNI RODARI - FAVOLE AL TELEFONO

    Sinossi:

Le "Favole al telefono" di Gianni Rodari non conoscono il passare del tempo: i paesi visitati da Giovannino Perdigiorno, imprevedibile viaggiatore, la minuscola Alice Cascherina, i personaggi anticonformisti e gli eventi imprevisti, le dolcissime strade di cioccolato e i saporitissimi palazzi di gelato, i numeri paradossali e le domande assurde capaci di far riflettere il lettore costituiscono i punti di forza di quella inesauribile capacità di invenzione, che Gianni Rodari coniugava con la puntuale osservazione della realtà contemporanea all'insegna dell'eleganza, dell'ironia, della freschezza.

 

Commento:

Ogni tanto, fra letture veloci, impegnate, leggere, noiose, viene voglia di ritrovare un pezzetto di quell'infanzia lontana, di ricordi che sanno di pomeriggi lievi, di quelle nostalgie dolci, di quel che eravamo che poi è parte di quel che siamo diventati. E libri come le Favole al telefono di Rodari sono quel che ci vuole quando la voglia di calore, ingenuità e infanzia bussa alla porta. Sono favole senza tempo, con personaggi e situazioni indimenticabili, da Giovannino Perdigiorno a Tonino l'invisibile, dal palazzo di gelato al naso che scappa via, dalla febbre mangina all'Apollonia della marmellata. Sono storie che tutti i bambini dovrebbero conoscere e che molti adulti dovrebbero ricordare. Una piccola coccola per rallentare in un mondo che va veloce e che ci vuole adulti ed uniformati, facendoci dimenticare che siamo cresciuti con semplicità.

 

Opera recensita: "Favole al telefono" di Gianni Rodari

Editore: Einaudi, prima ed. originale, 1962

Genere: letteratura per ragazzi

Pagine: 170

Prezzo: 13,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8,5.

      

martedì 22 settembre 2020

LIBRI DI STAGIONE: AUTUNNO (EDIZIONE 2020)

Beh, ormai lo sapete, a me piace, quando possibile, leggere i libri in base alla stagione. Ci sono, ovviamente, gli ever green, ma ci sono anche libri che, per i motivi più svariati e talvolta più futili e insignificanti, hanno per me il sapore di una stagione. Questa piccola rubrica, che ho creato a settembre 2019, compie un anno ed eccomi pronta a proporvi la lista aggiornata. Di seguito troverete i miei libri per l'autunno, quelli dell'anno scorso più le aggiunte che arrivano dritte dritte dalle mie letture. Ovviamente di tutti trovate la recensione sia sul blog che sulla pagina Facebook.

e ovviamente si accettano consigli! Quali libri vi fanno pensare all'autunno? Beh, rompiamo gli indugi... ecco i miei.


1.    Giorgio Bassani – il giardino dei Finzi-Contini, 224 pagine, voto 7,5;

2.    J. D. Salinger – il giovane Holden, 248 pagine, voto 6;

3.    Oscar Wilde – il fantasma di Canterville e altre storie, 128 pagine, voto 8,5;

4.    Amos Oz – una storia di amore e di tenebra, 627 pagine, voto 9;

5.    Maria Cristina Maselli – Sigismondo e Isotta, 612 pagine, voto 9;

6.    Franz Kafka – la metamorfosi, 76 pagine, voto 7;

7.    Roberta Marasco – le regole del thè e dell'amore, 335 pagine, voto 6;

8.    Romain Gary – la vita davanti a sé, 214 pagine, voto 7,5;

9.    Ian McEwan – Chesil beach, 136 pagine, voto 7,5;

10. Valentina D'urbano – isola di Neve, 320 pagine, voto 8;

11. Stephen King – le notti di Salem, 672 pagine, voto 8;

12. Maurizio Maggi – la coda del diavolo, 352 pagine, voto 8;

13. M. L. Stedman – La luce sugli oceani, 370 pagine, voto 9;

14. Gordana Kuic – la trilogia dei Balcani;

15. Leila Slimani - ninna nanna 204 pagine, voto 9

16. Agota Kristof - trilogia della città di K. 384 pagine, voto 7,5

17. Natsuo Kirino - le Quattro casalinghe di Tokyo 656 pagine, voto 9

18. Kent Haruf - Le nostre anime di notte, 171 pagine, voto 8,5

19. Philip K. Dick: cacciatore di androidi, 323 pagine, voto 9,5

20. Katryn Stockett - the help, 524 pagine, voto 8,5

21. Harper Lee - il buio oltre la siepe, 304 pagine, voto 9

22. Alessandro D'avenia - Cose che nessuno sa, 332 pagine, voto 8,5

23. John Williams – Stoner, 332 pagine,  voto 10

24. Silvia Zucca - il cielo dopo di noi, 468 pagine, voto 8,5

25. Stefan Zweig - l'impazienza del cuore, 374 pagine, voto 8,5

26. D. Lapierre-J. Moro - mezzanotte e cinque a Bhopal, 380 pagine, voto 8,5

27. Dino Buzzati - un amore, 294 pagine, voto 9

28. Paolo Rumiz – Appia, 360 pagine, voto 9

29. Gabriel Garcia Marquez - memoria delle mie puttane tristi, 141 pagine, voto 8,5

30. Marco Balzano - resto qui, 192 pagine, voto 9

31. Jose Saramago - l’uomo duplicato, 270 pagine, voto 8

32. Stephen King - Pet sematary, 424 pagine, voto 9

33. Victor Hugo - I miserabili, 942 pagine, voto 9,5

34. Carmen Pellegrino - se mi tornassi questa sera accanto, 240 pagine, voto 8

35. Yasunari Kawabata - la casa delle belle addormentate, 168 pagine, voto 8,5

36. Care Santos - tre tazze di cioccolata, 468 pagine, voto 8,5

37. Cristina Caboni - la rilegatrice di storie perdute, 296 pagine, voto 9,5

38. Stephen King - il gioco di Gerald, 384 pagine, voto 7

39. Elizabeth Gaskell - Nord e Sud, 476 pagine, voto 9,5

40. Jose Saramago - il Vangelo secondo Gesù Cristo, 346 pagine, voto 9

41. Jeffery Deaver - October list, 358 pagine, voto 8

42. Fedor Dostoewskij - l’idiota, 610 pagine, voto 8

43. Stephen King - 22/11/63, 767 pagine, voto 9

44. Jeffrey Eugenides - le vergini suicide, 224 pagine, voto 8

45. Oran Pamuk - il mio nome è rosso, 450 pagine, voto 9

46. Melania Mazzucco – vita, voto 7,5;

47. Vladimir Nabokov – Lolita, voto 9;

48. Don Winslow – Trilogia di Art Keller, voto 9;

49. Michelle Obama – Becoming, 498 pagine, voto 8;

50. Grégoire Delacourt – Danzando sull'orlo dell'abisso, 240 pagine, voto 8,5;

51. Mariolina Venezia – serie di Imma Tataranni, voto 8,5 (media);

52. Dennis Lehane – L'isola della paura, 348 pagine, voto 8;

53. Ava Olafsdottir Audur – Miss Islanda, 208 pagine, voto 8;

54. Alafair Burke – Sorelle sbagliate, 304 pagine, voto 7;

55. Helen Zahavi – Sporco weekend, 212 pagine, voto 8,5;

56. Junot Dìaz – La breve favolosa vita di Oscar Wao, 346 pagine, voto 8,5;

57. Charlotte Wood – il weekend, 240 pagine, voto 8;

58. John Steinbeck – Uomini e topi, 139 pagine, voto 8,5;

59. John Connolly – Serie di Charlie Bird Parker;

60. Israel Joshua Singer – A oriente del giardino dell'Eden, 477 pagine, voto 8,5;

61. Richard Roper – Qualcosa per cui vivere, 352 pagine, voto 8;

62. Bernard Malamud – Il commesso, 325 pagine, voto 9;

63. Francesca Palumbo – Il tempo che ci vuole, 196 pagine, vot    o 9;

64. John Fante - Chiedi alla polvere, 214 pagine, voto 7,5;

65. Dino Buzzati – Il deserto dei tartari, 202 pagine, voto 9.


Allora ci ritroviamo qui a dicembre per la mia lista dei libri invernali. Inoltre, vi anticipo che, come l'anno scorso, sto già preparando la lista dei consigli per i regali di Natale 2020! 


RECENSIONE: ERNESTO DE MARTINO - SUD E MAGIA

Sinossi:

Una storia religiosa del sud, un'indagine etnologica che spiega perché il momento magico sia sopravvissuto nella vita culturale meridionale e come questa abbia partecipato consapevolmente alla grande alternativa tra "magia" e "razionalità" da cui è nata la civiltà moderna. De Martino esplora le sopravvivenze lucane di rozze pratiche di magia cerimoniale, quali fascinazione stregonesca, possessione, esorcismo, fattura, analizzando la struttura delle tecniche magiche, la loro funzione psicologica, il regime di esistenza che ne favorisce la riproduzione.

 

Commento:

Sud e magia è un complesso, ma interessante saggio in cui il famoso antropologo Ernesto De Martino indaga l'aderenza della magia nella cultura del Sud Italia. Attraverso un'approfondita ricerca etnografica corredata da molte testimonianze dirette, egli esplora la bassa magia lucana, il mondo dei masciari, delle fascinazioni e delle fatture, passa per un'accurata indagine storica e storiografica e traccia collegamenti con la iettatura napoletana. Sul finale del libro l'autore fa un accenno anche al tarantismo pugliese, al quale però dedicherà un'altra approfondita pubblicazione nel 1961, dal titolo La terra del rimorso. In Sud e magia De Martino mette in luce il legame strettissimo tra magia e religione: gran parte degli scongiuri lucani, ad esempio, è aperta e chiusa da preghiere cattoliche quali Pater, Ave e Gloria. È inoltre chiara la spiegazione che l'autore fornisce di certe manifestazioni magiche, fatture o fascinazioni, che in realtà sono proiezioni di paure o rielaborazioni di ricordi e fatti vissuti che trovano la loro espressione nei sogni o nel dormiveglia. Un saggio interessante perché consente di approfondire e dare un riscontro scientifico o quantomeno psicologico a credenze, superstizioni, curiosità, storie che abitano il passato e il background culturale di ogni meridionale. Personalmente, avevo da tempo in animo di leggere La terra del rimorso che riguarda più specificamente la mia terra, ma ho deciso di precederlo con la lettura di Sud e magia sia perché mi interessava l'argomento, sia per abituarmi alla scrittura di De Martino. Ora, a lettura conclusa, credo che in futuro leggerò senz'altro lo studio sul tarantismo che si preannuncia molto interessante, almeno al pari di questo.

 

Opera recensita: "Sud e magia" di Ernesto de Martino

Editore: Donzelli, prima ed. originale 1959

Genere: saggio etnografico

Ambientazione: Sud Italia

Pagine: 314

Prezzo: 34,00 € (10,00 € ed. economica Feltrinelli)

    Consigliato: sì

Voto personale: 8.

              

domenica 20 settembre 2020

RECENSIONE: ILARIA TUTI - FIORE DI ROCCIA

Sinossi:

Quelli che riecheggiano lassù, fra le cime, non sono tuoni. Il fragore delle bombe austriache scuote anche chi è rimasto nei villaggi, mille metri più in basso. Restiamo soltanto noi donne, ed è a noi che il comando militare italiano chiede aiuto: alle nostre schiene, alle nostre gambe, alla nostra conoscenza di quelle vette e dei segreti per risalirle. Dobbiamo andare, altrimenti quei poveri ragazzi moriranno anche di fame. Questa guerra mi ha tolto tutto, lasciandomi solo la paura. Mi ha tolto il tempo di prendermi cura di mio padre malato, il tempo di leggere i libri che riempiono la mia casa. Mi ha tolto il futuro, soffocandomi in un presente di povertà e terrore. Ma lassù hanno bisogno di me, di noi, e noi rispondiamo alla chiamata. Alcune sono ancora bambine, altre già anziane, ma insieme, ogni mattina, corriamo ai magazzini militari a valle. Riempiamo le nostre gerle fino a farle traboccare di viveri, medicinali, munizioni, e ci avviamo lungo gli antichi sentieri della fienagione. Risaliamo per ore, nella neve che arriva fino alle ginocchia, per raggiungere il fronte. Il nemico, con i suoi cecchini - diavoli bianchi, li chiamano - ci tiene sotto tiro. Ma noi cantiamo e preghiamo, mentre ci arrampichiamo con gli scarpetz ai piedi. Ci aggrappiamo agli speroni con tutte le nostre forze, proprio come fanno le stelle alpine, i «fiori di roccia». Ho visto il coraggio di un capitano costretto a prendere le decisioni più difficili. Ho conosciuto l'eroismo di un medico che, senza sosta, fa quel che può per salvare vite. I soldati ci hanno dato un nome, come se fossimo un vero corpo militare: siamo Portatrici, ma ciò che trasportiamo non è soltanto vita. Dall'inferno del fronte alpino noi scendiamo con le gerle svuotate e le mani strette alle barelle che ospitano i feriti da curare, o i morti che noi stesse dovremo seppellire. Ma oggi ho incontrato il nemico. Per la prima volta, ho visto la guerra attraverso gli occhi di un diavolo bianco. E ora so che niente può più essere come prima.» Con "Fiore di roccia" Ilaria Tuti celebra il coraggio e la resilienza delle donne, la capacità di abnegazione di contadine umili ma forti nel desiderio di pace e pronte a sacrificarsi per aiutare i militari al fronte durante la Prima guerra mondiale. La Storia si è dimenticata delle Portatrici per molto tempo. Questo romanzo le restituisce per ciò che erano e sono: indimenticabili.

I riflettori si accendono sulle donne che nelle guerre sono spesso dimenticate o almeno lo sono state per anni. Dopo Chiara Carminati ci pensa Ilaria Tuti, con Fiore di roccia, a farle tornare indiscusse protagoniste della storia. La scrittrice friulana diventata celebre per i suoi noir con protagonista Teresa Battaglia, abbandona, almeno temporaneamente, il celebre commissario per raccontare altre figure femminile che sono state dimenticate per decenni: le Portatrici. Pochi sanno infatti che durante la Prima guerra mondiale, bambine, donne, anziane scalavano le montagne per raggiungere i soldati al fronte, pronte a portare loro viveri, medicinali, munizioni e tutto ciò di cui potevano avere bisogno. Il viaggio di ritorno spesso era più triste perché le Portatrici erano costrette a portare barelle con i soldati feriti o, molte volte, da seppellire. La guerra inghiottì la vita di tante donne, totalmente votate al fronte, attente ai richiami di avviso, alle missioni da compiere in segreto. Questo compito spettava soprattutto a quelle bambine, ragazze o anziane che vivevano vicino alle vallate più battute dalla guerra e verso le cime il loro sguardo andava continuamente perché lì combattevano i loro uomini e lì sentivano di dover andare.

 

Commento:

Che Ilaria Tuti fosse una bravissima scrittrice lo sapevo già, l'avevo già appurato con i suoi due romanzi precedenti, di tutt'altro genere rispetto a questo. Con Fiore di roccia, però, ho avuto modo di apprezzare ancora di più un aspetto presente anche negli altri romanzi, ma qui ancora più accentuato: la sua grande sensibilità e umanità. Fiore di roccia è un romanzo bellissimo che rende omaggio alle donne, alle portatrici carniche che durante la Prima guerra mondiale diedero un contributo fondamentale al sostentamento e alla sopravvivenza dei nostri uomini al fronte, alle comunicazioni con le loro famiglie e alla cura di chi non ce l'ha fatta; a tutte le donne che, al pari degli uomini, hanno combattuto e combattono per un mondo migliore, più libero, paritario e civile; alle donne che la guerra non la volevano, ma che l'hanno vissuta e combattuta lo stesso. Con la sua prosa poetica, ricca e ricercata, Ilaria Tuti dipinge un quadro vivido delle emozioni, dei sentimenti, dei paesaggi e degli scenari vissuti da Agata Primus e dalle sue compagne portatrici: ci racconta con incredibile vividezza la fatica di trasportare le gerle sulla schiena, il pericolo e la responsabilità che queste donne sentivano sulle spalle, il loro grande cuore, la tenacia, la forza, la dignità, la bontà; ci racconta il fronte, la paura, il rischio, la notte del paesaggio e del cuore; ci racconta le amicizie indimenticabili, gli amori, le ingiustizie e la morte. Un romanzo stupendo, da leggere assolutamente, che consacra una grande autrice italiana contemporanea.

 

Opera recensita: "Fiore di roccia" di Ilaria Tuti

Editore: Longanesi, 2020

Genere: romanzo storico

Ambientazione: Friuli

Pagine: 320

Prezzo: 18,80 €

Consigliato: sì

Voto personale: 9.

      

sabato 19 settembre 2020

RECENSIONE: DINO BUZZATI - IL DESERTO DEI TARTARI

Sinossi:

Giovanni Drogo, un sottotenente, viene mandato in una lontana fortezza. A nord della fortezza c'è il deserto da cui si attende un'invasione dei tartari. Ma l'invasione, sempre annunciata, non avviene e l'addestramento, i turni di guardia, l'organizzazione militare, appaiono cerimoniali senza senso. Quando Drogo torna in città per una promozione, si accorge di aver perso ogni contatto con il mondo e che ormai la sua unica ragione di vita è l'inutile attesa del nemico. Tornato alla fortezza, si ammala e proprio allora accade l'evento tanto aspettato: i tartari avanzano dal deserto. Nell'emozione e nella confusione del momento, senza che lui possa prendere parte ai preparativi di difesa, Drogo muore, dimenticato da tutti.

 

Commento:

Quante ore, settimane, giorni, mesi, anni della nostra vita abbiamo passato in attesa? A volerlo quantificare, quanto tempo abbiamo trascorso nella speranza che accadesse qualcosa, qualcosa di epocale, nuovo, diverso che imprimesse ai nostri giorni quella svolta decisiva che tanto aspettavamo? E intanto il tempo è passato, è scivolato via inesorabile e noi siamo cresciuti, cambiati, magari invecchiati senza che quel qualcosa accadesse. È ciò che accade a Giovanni Drogo, il protagonista di questo bellissimo romanzo di Dino Buzzati: tenente nominato in servizio di prima nomina alla fortezza Bastiani, mentre vi si reca, Drogo scopre dal capitano Ortiz che quella dov'è stato destinato è tutt'altro che una fortezza ambita. Non è per nulla movimentata, è piccola e quasi morta, nessuno vuole venirci e tantomeno restarci. Così, un po' frustrato ma comunque impressionato dalla fortezza e soprattutto dal deserto a Nord, Drogo si propone di rimanerci quattro mesi, ma allo scadere dei quali decide di rimanere. Attende, come tutti gli altri, che dal Nord, dal deserto, arrivino i tartari, arrivi il nemico, scoppi la guerra, ci sia dell'attività. E attende, e attende, e intanto aumenta di grado, i comandi della fortezza si avvicendano come i soldati, ma i nemici non arrivano. E passa il tempo, passa tanto tempo, finché Drogo, ormai vecchio, si ammala. È proprio allora, dopo che li ha attesi per tanto tempo, che i nemici arrivano. Un libro scritto in modo magistrale, con una prosa scorrevolissima, fluida ed evocativa e con un finale davvero commovente. Un classico sul tempo, sull'attesa e sulla necessità di vivere la vita quando e come se ne ha la possibilità, al meglio possibile. Se ancora non l'avete letto, dovreste proprio recuperarlo.

 

Opera recensita: "Il deserto dei tartari" di Dino Buzzati

Editore: Mondadori, prima ed. originale 1940

Genere: letteratura italiana

Ambientazione: non definita

Pagine: 202

Prezzo: 12,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 9.

      

RECENSIONE: MEENA KANDASAMY - OGNI VOLTA CHE TI PICCHIO

Sinossi:

India dei giorni nostri. Lei è una scrittrice, una poetessa, una giovane attivista dal passato tormentoso e il cuore spezzato. Lui è un docente universitario, un ex guerrigliero maoista, un uomo che, parlando della rivoluzione, sembra più intenso di qualsiasi poesia, più commovente di qualsiasi bellezza. Si conoscono, si innamorano, decidono in fretta di sposarsi. La coppia si trasferisce in una lontana città costiera dell’India, senza vincoli né programmi, pronta a un salto nel vuoto che li vedrà protagonisti insieme. Lì, dietro le porte ben chiuse di una villetta circondata da un giardino selvaggio, il marito perfetto cambia volto, trasformandosi poco a poco in un carceriere e in un carnefice. La limitazione delle libertà della moglie – vestiti, trucco, capelli; e poi: mail, telefonate, fino al divieto di scrivere – traccia l’inizio di una spirale di violenza e sopraffazione che vedrà la donna sempre più sola e terrorizzata, abbandonata anche dalla famiglia di origine. Finché lei stessa non deciderà di reagire riprendendo in mano il controllo della propria storia.

Lucido, toccante e poetico, il romanzo di Meena Kandasamy è un pugno allo stomaco. Non solo perché porta in scena, passo dopo passo, la lenta discesa agli inferi della violenza domestica, scardinandone i meccanismi di manipolazione, di ricatto emotivo e pressione sociale, accompagnando il lettore nelle stanze solitarie dell’abuso attraverso le pieghe del linguaggio e le armi delle tecniche narrative.

 

Commento:

Questa è una storia vera, però con controversie legali ancora in corso, e in special modo in Paesi come l'India che conservano retaggi maschiocentrici, forse non conviene dire che lo sia completamente, perciò diremo che è un romanzo ispirato a una storia vera. La storia di una donna libera, moderna, disinibita, colta. Una donna che ha conosciuto tanti uomini, che si è innamorata veramente una volta sola dell'uomo sbagliato, un politico, e che ne ha sposato un altro, un rivoluzionario, innamorata dell'idea di amare un compagno comunista e delle cose che sembrava condividere con lui. Non sapeva, non credeva, questa donna emancipata, questa scrittrice, poetessa e traduttrice con followers ed estimatori internazionali, che il comunismo le sarebbe entrato in casa, nel letto, tentando di strapparle l'anima e poi la vita. Non sapeva, questa donna che incidentalmente chiameremo Meena, che avrebbe cominciato a cedere, ad accettare le limitazioni della propria libertà personale già alla seconda settimana di matrimonio con la disattivazione del proprio account facebook con conseguente tracollo della sua immagine professionale; non sapeva che sarebbe stata definita stupida femminista piccolo borghese, puttana, troia, prostituta e volgarità di questo tenore, non sapeva che non avrebbe ricevuto l'aiuto di nessuno, neanche dei suoi genitori, non sapeva che sarebbe diventata un'attrice di una parte preparata per lei, che avrebbe abbandonato i suoi vestiti e accessori alla moda per indossarne altri anonimi e sformati. Non sapeva che sarebbe stata picchiata con ogni oggetto disponibile, dalla cintura di pelle al cavo di alimentazione del suo Mac, che con un clic avrebbe visto cancellate tutte le sue 25.600 mail e poi cambiata la password per impedirle di recuperarle. Non sapeva che a farle tutto questo sarebbe stato suo marito, un guerrigliero, uno stimato professore universitario, e che per fare ammenda verso se stesso avrebbe detto, un giorno:"Ogni volta che ti picchio il compagno Lenin piange". L'assurdità di questa frase rende in modo chiaro e agghiacciante la portata di quello che Meena Kandasamy, la scrittrice, traduttrice, poetessa indiana Meena Kandasamy, ci racconta sul suo primo matrimonio dal quale, per fortuna, è riuscita a fuggire. Per fuggire ha dovuto toccare il fondo, rischiare la vita, usare l'astuzia, affilare le armi, tornare a combattere. Quattro mesi e otto giorni è durato quel matrimonio, i più lunghi della sua vita. E pensare che sarebbe bastato poco, pochissimo, perché non sopravvivesse per raccontarcelo. La sua è una storia che scivola verso di noi senza sensazionalismi, sentimentalismi, colpi di scena voluti e studiati a tavolino, e forse è proprio questo che la rende ancora più autentica, forte agghiacciante. Ogni volta che ti picchio è un libro che deve essere letto da chi non vuole sapere, tenta di ignorare o peggio, ridimensionare o giustificare certe realtà. Deve sapere, chi vorrebbe compiere questa mistificazione su questioni che non lo toccano direttamente, che il marito di Meena non appariva come un bruto e che lei era solo una donna normale, colta, emancipata, moderna… una donna, un essere umano, punto e basta. E magari il suo modo di raccontare questa storia apparirà freddo, quasi distaccato, ma è l'unico disponibile. E probabilmente leggere farà male, ma è necessario.

 

Opera recensita: "Ogni volta che ti picchio" di Meena Kandasamy

Editore: E/O, 2020

Genere: narrativa straniera

Ambientazione: India

Pagine: 240

Prezzo: 17,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 9.

 

Meena Kandasamy (1984) è un’attivista, poetessa, scrittrice e traduttrice indiana. Ogni volta che ti picchio è il racconto del suo primo matrimonio con un uomo da cui ha subito violenze fisiche e psicologiche. Ha pubblicato due raccolte di poesie, Touch e Ms Militancy. Nel 2015 il suo romanzo d’esordio The Gipsy Goddess è stato nominato per il Dylan Thomas Prize e il DSC Prize. Vive e lavora tra Londra e Chennai. Esercita la sua attività politica anche online, soprattutto su Twitter dove ha un seguito di oltre 100.000 follower.         

venerdì 18 settembre 2020

RECENSIONE: MATTEO BUSSOLA - L'INVENZIONE DI NOI DUE

Sinossi:

«Cominciai a scrivere a mia moglie dopo che aveva del tutto smesso di amarmi». Cosí si apre questo romanzo, in cui Milo, sposato con Nadia da quindici anni, si è accorto che lei non lo desidera piú: non lo guarda, non lo ascolta, non condivide quasi nulla di sé. Sembra essersi spenta. Come a volte capita nelle coppie, resta con lui per inerzia, per dipendenza, o per paura. Quanti si arrendono all’idea che il matrimonio non possa diventare che questo? Milo no, non si arrende. Continua ad amare perdutamente sua moglie, e non sopporta di non ritrovare piú nei suoi occhi la ragazza che aveva conosciuto. Vorrebbe che fosse ancora innamorata, curiosa, vitale, semplicemente perché lei se lo merita. Ecco perché un giorno le scrive fingendosi un altro. Inaspettatamente, lei gli risponde, dando inizio a una corrispondenza segreta. In quelle lettere, sempre piú fitte e intense, entrambi si rivelano come mai prima. Pian piano Milo vede Nadia riaccendersi, ed è felice, ma anche geloso. Capisce di essere in trappola. Come può salvarsi, se si è trasformato nel suo stesso avversario?

 

Commento:

Milo e Nadia non comunicano, lei lo tollera appena, lui non ha mai smesso di amarla. La ama di un amore protettivo, avvolgente, adorante, totale. Ma lei è totalmente assorbita dal romanzo lunghissimo che sta scrivendo da anni, è sempre più lontana, sempre più distante. Milo soffre, non sa come riportarla a sé, come ritrasformare la cenere in amore. Poi gli viene l'idea. La storia tra Milo e Nadia era cominciata in quinta liceo, con due ragazzi sconosciuti e una scritta su un banco: due parole, "Chi sei?"; era proseguita fino all'ultimo giorno di scuola, era annegata nella lucida pulizia di quello stesso banco e nella distanza della non conoscenza; poi i meandri della vita avevano riportato quelle due anime l'una davanti all'altra e… e ora Milo capisce che, dopo quindici anni di matrimonio, dopo essersi divisi le imperfezioni e le paranoie, lui e Nadia devono tornare a conoscersi… e devono farlo scrivendo, come la prima volta. Così finge di essere un altro uomo. E scrive a Nadia, le rivela le sue paure, ne scopre i desideri… ma sarà la strada giusta? Milo non lo sa e la distanza non accenna a diminuire…

Matteo Bussola, con lo sguardo sensibile e attento che abbiamo imparato a conoscere in ogni suo scritto, indaga un tema scivoloso come le relazioni di coppia, l'amore, il matrimonio, la famiglia, restituendoci una quotidianità normale, afflitta dal logorio del tempo e dal cristallizzarsi solo apparente dei sentimenti che finiscono, in realtà, per sfaldarsi se non curati, alimentati, coltivati. Ma queste pagine intimiste e introspettive - che ci rivelano una scrittura più matura e volta colpire in profondità più che a stupire con esplosioni di parole – ci mostrano anche che non tutto è perduto e che da una crisi può arrivare anche una riscoperta di sé e dell'altro e, perché no, una liberazione.

 

-       Opera recensita: "L'invenzione di noi due" di Matteo Bussola

Editore: Einaudi, 2020

Genere: narrativa italiana    

Ambientazione: Verona

Pagine: 216

Prezzo: 17,00 €

Consigliato: sì

    Voto personale: 8.