simposio lettori copertina

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venerdì 21 ottobre 2016

VLADIMIR NABOKOV: LOLITA


E’ difficile recensire i classici, ma lo è ancor di più quando si tratta di un romanzo così controverso com’è “Lolita” e sul quale è stato detto di tutto e di più. La mia, perciò, non è una recensione, ma un’esortazione a leggere questo (a parer mio e di molti altri) capolavoro.

La storia narrata da Nabokov in questo libro sarà certamente nota ai più, tuttavia, per completezza, dirò che si tratta dell’amore perverso del professor Humbert Humbert per Lolita, ossia Dolores Haigts, una “ninfetta” di dodici anni, di molti anni più giovane di lui. Qualcuno, in modo sin troppo sbrigativo ed avventato, liquida questa storia come un “semplice” affair di pedofilia: non sono d’accordo, sebbene sia innegabile che Humbert è un pedofilo. “Lolita” narra del controverso, ma altrettanto innegabile fascino suscitato da un giovane e (per la maggior parte dei casi) indifeso corpo femminile esercita sull’uomo adulto e, altresì, l’arte tutta femminile della seduzione che, in forma di gioco, talvolta può diventare sfida e malizioso, astuto opportunismo.

Tralasciamo qui qualunque giudizio morale che meriterebbe una riflessione approfondita ed una discussione ampia ed articolata che tenga conto del periodo storico, delle implicazioni psicologiche e patologiche dei personaggi. Parliamo invece del romanzo, della finzione letteraria ordita da Nabokov: che dire? Trama, in fin dei conti, semplice, arricchita da minuziose descrizioni di luoghi e sensazioni; stile impeccabile, prosa coinvolgente e fluida, nonostante il linguaggio spesso desueto (parliamo comunque di un romanzo scritto più di cinquant’anni fa); l’introspezione tipica degli scrittori russi è presente, ma invece che appesantire il romanzo, gli conferisce quell’aura scintillante di non detto, che sta giusto dietro alle apparenze ed è, forse, ciò che ha permesso a questo romanzo di far parlare di sé anche dopo tanto tempo. Pregevole, poi, la capacità di Nabokov di farci parteggiare, senza alcun dubbio, per il “colpevole”, per quel Humbert, povero e dannato Humbert, sedotto e provocato dalla demoniaca ninfetta. Questo risultato è raggiunto non solo attraverso una spiccata antipatia della bella e tutt’altro che spaurita fanciulla, ma anche attraverso il tono confidenziale ed accorato con cui lo stesso Humbert si rivolge direttamente al lettore: non dimentichiamo che queste memorie sono state scritte dal professor Humbert nei due mesi di prigionia in attesa del giudizio per un delitto da lui commesso. E’ lo stesso protagonista, come afferma nelle ultime righe, a consegnare la sua storia al lettore perché Lolita, la sua Lolita, viva nella coscienza delle generazioni future.

Non so se sono riuscita a convincere gli ultimi indecisi, ma penso che questo libro debba essere letto ed analizzato, discusso ed anche criticato per molti anni ancora. Stupendo!

 

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