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domenica 24 marzo 2019

RECENSIONE: ORIANA FALLACI - LA RABBIA E L'ORGOGLIO


Sinossi:
Con "La rabbia e l'orgoglio" (2001), Oriana Fallaci rompe un silenzio durato dieci anni, dalla pubblicazione di "Insciallah", epico romanzo sulla missione occidentale di pace nella Beirut dilaniata dallo scontro tra cristiani e musulmani e dalle faide con Israele. Dieci anni in cui la Fallaci sceglie di vivere ritirata nella sua casa newyorchese, come in esilio, a combattere il cancro. Ma non smette mai di lavorare al testo narrativo dedicato alla sua famiglia, quello che lei chiama "il-mio-bambino", pubblicato postumo nel 2008, "Un cappello pieno di ciliege". L'undici settembre le impone di tornare con furia alla macchina da scrivere per dar voce a quelle idee che ha sempre coltivato nelle interviste, nei reportage, nei romanzi, ma che ha poi "imprigionato dentro il cuore e dentro il cervello" dicendosi "tanto-la-gente-non-vuole-ascoltare". Il risultato è un articolo sul "Corriere della Sera" del 29 settembre 2001, un sermone lo definisce lei stessa, accolto con enorme clamore in Italia e all'estero. Esce in forma di libro nella versione originaria e integrale, preceduto da una prefazione in cui la Fallaci affronta alle radici la questione del terrorismo islamico e parla di sé, del suo isolamento, delle sue scelte rigorose e spietate. La risposta è esplosiva, le polemiche feroci. Mentre i critici si dividono, l'adesione dei lettori, in tutto il mondo, è unanime di fronte alla passione che anima queste pagine. Prefazione di Ferruccio De Bortoli.

Commento:
Una predica, un sermone che serva a sturare le orecchie ai sordi e aprire gli occhi ai ciechi riguardo alla vera natura dell'Islam: così Oriana Fallaci definisce il suo "La rabbia e l'orgoglio", libro pubblicato subito dopo la tragedia dell'11 settembre. Ci sarebbero tante cose da dire su questo libricino di poco più di 150 pagine… si potrebbe restare ore a parlare della giustezza di quanto afferma la Fallaci, di come lo dice ed a cosa potrebbero portare oggi le sue considerazioni sull'Islam. Ma c'è, prima di tutto, da fare una distinzione tra la forma del libro ed il suo contenuto, una distinzione che, per quanto mi riguarda, ha a che fare con la visione obiettiva del libro ed il mio pensiero personale. Non è mai facile separare, quando si parla di un libro, le proprie impressioni soggettive ed opinabili, dal peso oggettivo dell'opera… in questo caso direi che è pressocché impossibile, perciò dirò quello che penso io senza alcuna pretesa di obiettività. La rabbia e l'orgoglio sono i sentimenti dominanti di queste pagine, ma non sono gli unici. Questo saggio mi ha colpito, intristito, alla fine anche stancato e disgustato per tante ragioni, eppure non posso dire di non averlo apprezzato per altri motivi. Ciò che mi è piaciuto di questo libro è l'ardore con cui è stato scritto, la metodicità con cui Oriana Fallaci ha esposto una tesi ed ha tirato dritta come un treno finché non l'ha dimostrata: ha esposto le sue idee con forza, convinzione, coerenza, lucidità rare fra gli scrittori moderni e l'ha fatto consapevole che sarebbero risultate indigeste. E, a proposito, sbaglia chi dice che queste idee le sono venute solo negli ultimi anni di vita, non è una deriva, sono cose che pensava già prima, convinzioni che ha maturato nel tempo e con studio e approfondimento. E qui le ha esposte con la sua solita forza dirompente, condensandole in un fiume di livore. Ma il suo j'accuse è sin troppo rigoroso e lucido ed ho la sensazione che tralasci, interpreti, ricordi fatti e circostanze in modo confacente con la propria tesi: per natura ho sempre diffidato delle verità assolute come quelle che la signora Fallaci vuole propinarci qui, mi fanno pensare che si cerchi di nascondere col rigore la presenza di zone grigie e margini di interpretazione. E qui sconfiniamo nel contenuto che, lo dirò una volta per tutte, a me non è piaciuto per niente. Sebbene alcuni concetti espressi dalla Fallaci siano condivisibili ed altri a dirittura innegabili, non mi piace il suo modo irruento di attaccare un'altra cultura senza concederle attenuanti, non mi piacciono le generalizzazioni e soprattutto non mi piace la vena d'odio e di vendetta che trasuda forte da queste pagine. Sono andata a cercare la risposta che Tiziano Terzani scrisse alla Fallaci dopo l'articolo del Corriere che precedeva questo libro e sono d'accordissimo con lui: non può essere la guerra l'unica strada per combattere la guerra: non può essere l'intolleranza la soluzione. E da qui, per tornare a quello che mi interessa ossia il libro, l'incertezza sul consigliarlo o meno: intendiamoci, in altri tempi l'avrei consigliato senza remore perché penso che bisogna conoscere per giudicare, sentire sempre tutte le campane. Ma oggi, davvero abbiamo bisogno dell'intolleranza di un libro? Non ci bastano le derive pericolose che ha preso la già tanta intolleranza che viviamo nella quotidianità? Lo dice la stessa Fallaci: scrivendo si condizionano e si influenzano le menti umane più che con le bombe e le armi… e noi abbiamo davvero bisogno di leggerla oggi? Personalmente, non appena avrò smaltito le sensazioni che mi ha lasciato questo sermone indigesto, andrò a rifugiarmi nelle a me più congegnali Lettere contro la guerra.

Opera recensita: "La rabbia e l'orgoglio" di Oriana Fallaci
Editore: Bur, prima ed. 2001
Genere: saggio
Ambientazione: New York
Pagine: 161
Prezzo: 10,50 €
Consigliato: sì/no
Voto personale: 7,5.


domenica 3 dicembre 2017

RECENSIONE: ORIANA FALLACI - UN UOMO


Sinossi:

"Un uomo" è il romanzo della vita di Alekos Panagulis, che nel 1968 è condannato a morte nella Grecia dei colonnelli per l'attentato a Georgios Papadopulos,

il militare a capo del regime. Segregato per cinque anni in un carcere dove subisce le più atroci torture, restituito brevemente alla libertà, conosce

l'esilio, torna in patria quando la dittatura si sgretola, è eletto deputato in Parlamento e inutilmente cerca di dimostrare che gli stessi uomini della

deposta Giunta continuano a occupare posizioni di potere. Perde la vita in un misterioso incidente d'auto nel 1976. Oriana Fallaci incontra Panagulis nel

1973 quando, graziato di una grazia che non aveva chiesto ma che il mondo intero reclamava per lui, esce dal carcere. I due si innamorano di un amore profondo,

complice, battagliero. Lei lo affianca e ne condivide una lotta mai paga. "Il poeta ribelle, l'eroe solitario, è un individuo senza seguaci: non trascina

le masse in piazza, non provoca le rivoluzioni. Però le prepara. Anche se non combina nulla di immediato e di pratico, anche se si esprime attraverso bravate

o follie, anche se viene respinto e offeso, egli muove le acque dello stagno che tace, incrina le dighe del conformismo che frena, disturba il potere che

opprime." (Prefazione di Domenico Procacci)

 

Commento:

“Un uomo” è il racconto minuzioso, intimo e plateale della storia di Alekos Panagulis, l’uomo che attentò alla vita di Papadopulos, “Il tiranno” nel novembre 1968 e fallì. Dopo una condanna a morte non eseguita, cinque anni di reclusione tra evasioni, bravate, sfide e resistenze inesauribili, Panagulis viene graziato con sua somma indignazione e, uscito dal carcere, incontra Oriana Fallaci, colei che sarà la sua compagna, l’unica compagna possibile per la sua lotta senza tempo e senza quartiere. Testardo, istrionico, astuto, intelligente, un autentico Don Chisciotte, Panagulis non smetterà mai di lottare per la libertà scontrandosi con il mondo intero, anche con quel popolo in nome del quale si spenderà ogni giorno. E proprio questa lotta lo condurrà ad una profonda solitudine e ad una morte annunciata e prorogata per troppo tempo, eppure giunta troppo presto a portarsi via un uomo dal coraggio infinito. Spregiudicato, folle, temerario, Panagulis è un uomo in eterna lotta con gli altri, con l’autorità, il sistema, la corruzione, ma anche con se stesso, troppo spesso vittima delle sue idee, delle sue convinzioni portate allo stremo, del suo egoismo che in più di un’occasione gli allontanerà chi gli vuol bene. Il libro dal titolo “Un uomo” nel quale la Fallaci racconta la sua storia di eroe che non cede è una sua consegna: fu lui a chiederle in più occasioni di scriverlo dopo la sua morte perché ciò che gli era accaduto e ciò per cui aveva lottato non venisse dimenticato. E’ scritto in una forma particolare, non come una biografia fredda ed asettica, ma come un memoriale in forma di lettera, come dimostra la seconda persona singolare (l’autrice scrivendo si rivolge ad Alekos). Una lettera-memoriale, dunque, scritta in forma circolare: il racconto si apre e si chiude con la scena agghiacciante del funerale di Panagulis, con la folla granitica che scandisce quel “Tzi, tzi tzi” (vive, vive, vive), proprio quella folla che mentre era in vita lo aveva ignorato e non lo aveva capito abbandonandolo al suo destino. Un libro impegnativo e crudo, che a tratti trasuda rabbia, amarezza, senso di colpa. Un libro che cattura dalla prima pagina e che tiene incollati alla vicenda, perfettamente comprensibile, nella sua forza anche da chi non conosce la storia greca di quegli anni.

Un romanzo contro le ideologie vuote, contro la rassegnazione, contro la cecità di chi vede solo ciò che gli mostra l’interesse e di chi non vede neppure ciò che è sotto il suo naso perché vedere, parlare, raccontare, schierarsi è troppo difficile. Una lettura consigliata a tutti perché non si muore solo lottando, ma anche standosene fermi ai margini nascondendo la testa sotto la sabbia dell’indifferenza.

 

 

 

Opera recensita: “Un uomo” di Oriana Fallaci

Editore: Bur, prima ed. 1979

Genere: biografia-narrativa italiana-romanzo storico

Ambientazione: Grecia 1968-1976

Pagine: 645 (ed. 2014)

Prezzo: 13,00 € (ed. 2014)

Consigliato: sì.