Sinossi:
Lina ha appena compiuto
quindici anni quando scopre che basta una notte, una sola, per cambiare il
corso di tutta una vita. Quando arrivano quegli uomini e la costringono ad
abbandonare tutto. E a ricordarle chi è, chi era, le rimangono soltanto una
camicia da notte, qualche disegno e la sua innocenza. È il 14 giugno del 1941
quando la polizia sovietica irrompe con violenza in casa sua, in Lituania.
Lina, figlia del rettore dell'università, è sulla lista nera, insieme alle
famiglie di molti altri scrittori, professori, dottori. Sono colpevoli di un
solo reato, quello di esistere. Verrà deportata. Insieme alla madre e al
fratellino viene ammassata con centinaia di persone su un treno e inizia un
viaggio senza ritorno tra le steppe russe. Settimane di fame e di sete. Fino
all'arrivo in Siberia, in un campo di lavoro dove tutto è grigio, dove regna il
buio, dove il freddo uccide, sussurrando. E dove non resta niente, se non la
polvere della terra che i deportati sono costretti a scavare, giorno dopo
giorno. Ma c'è qualcosa che non possono togliere a Lina. La sua dignità. La sua
forza. La luce nei suoi occhi. E il suo coraggio. Quando non è costretta a
lavorare, Lina disegna. Documenta tutto. Deve riuscire a far giungere i disegni
al campo di prigionia del padre. E l'unico modo, se c'è, per salvarsi. Per
gridare che sono ancora vivi.
Commento:
C'è un capitolo della storia del Novecento di cui si conosce
e si parla poco, un capitolo doloroso e struggente che riguarda milioni di
persone: sono i deportati di Stalin, gente rispettabile dei Paesi baltici che,
per i motivi più disparati ed insignificanti, veniva definita antisovietica,
iscritta in una lista nera e, se non riusciva a fuggire, veniva prelevata ed
ammassata su un treno diretto in Siberia. E' la storia che ci viene raccontata
in questo romanzo attraverso le vicende di personaggi inventati che ricalcano
da vicino quelli reali. E' la storia di Lina, che parte dalla Lituania viziata,
egoista, pronta a sputare sentenze su tutto e tutti e lungo il viaggio imparerà
ad essere donna, ad aiutare gli altri, a chiedere scusa, ad amare. E' la storia
di Jonas, suo fratello, che partirà bambino e diventerà uomo dopo aver
combattuto la morte da molto vicino; è la storia della loro madre, Elena,
tenace e coraggiosa, che dovrà fare scelte difficili e non perdere mai la
speranza; è la storia di tante persone costrette a convivere con altre che non
conoscono, a rinunciare a tutto, anche alla dignità per un tozzo di pane, ad
essere trattate da criminali per una colpa che non hanno e non sanno nemmeno
quale sia. E tanti non sopravvivono, vittime dell'inverno polare, delle
malattie, della denutrizione, della disperazione, della crudeltà umana. Ma c'è
chi, come Lina, ha un unico obiettivo: sopravvivere per ritrovare i propri
cari, continuare a sperare, raccontare ciò che è stato e per farlo si aggrappa
a ciò che sa fare. Per Lina, per esempio, l'ancora di salvezza sono i suoi
disegni che le permettono di non soccombere al dolore e di lasciare traccia di
ciò che è stato.
"Avevano spento anche la luna" è un libro
bellissimo, molto molto toccante, dal quale si fa fatica a staccarsi nonostante
l'atrocità, l'angoscia, lo sgomento. E' una lettura che consiglio caldamente a
tutti.
Opera recensita: "Avevano spento anche la luna" di
Ruta Sepetys
Editore: Garzanti, 2011
Genere: narrativa europea
Ambientazione: Lituania-Siberia-Artide, 1941-1943
Pagine: 298
Prezzo: 18,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.
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